Versace a Sport Business Forum: «Chi ha disabilità può puntare in alto»

L’atleta paralimpica e senatrice: «I successi a Parigi hanno lanciato un bel messaggio. Ma dopo un grande evento non si spengano i riflettori». Versace sarà ospite a Sport Business Forum sabato 14 settembre a Belluno

Lucia Anselmi
Giusy Versace, atleta paralimpica e senatrice, in tribuna a Parigi
Giusy Versace, atleta paralimpica e senatrice, in tribuna a Parigi

Giusy Versace, atleta paralimpica e senatrice della Repubblica Italiana, sarà ospite di Sport Business Forum sabato 14 settembre dalle 18 alle 19.15 al Teatro Dino Buzzati di piazza Vittorio Emanuele, 2, a Belluno, all’evento “Con la testa e il cuore si va ovunque” intervistata da Irene Aliprandi, giornalista del Corriere delle Alpi.

L’intervento, che prende il nome dall’omonima autobiografia di Versace, sarà un’occasione per conoscere la storia dell’atleta calabrese e del suo impegno politico. 

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Giusy Versace, 47 anni, questa volta ha seguito le Paralimpiadi da spettatrice e non da partecipante. L’atleta e senatrice ha vissuto l’evento in tribuna.

Com’è stata questa Parigi?

«Direi molto bene. Abbiamo fatto un bilancio a Casa Italia e il risultato di questa edizione è straordinario. Il presidente Pancalli con la voce rotta dall’emozione ha ripercorso questi ultimi vent’anni sottolineando come quanto tutto sia cambiato: sia a livello mediatico sia rispetto alla crescita e alla formazione degli atleti. Dalle Olimpiadi di Rio, in cui ho gareggiato, a queste di Parigi personalmente ho notato già un ulteriore passo in avanti sia dal punto di vista dell’attenzione da parte dei media sia da quello prettamente paralimpico. Sono tantissimi gli aspetti positivi a partire dalle storie di coraggio e caparbietà che ognuno degli atleti porta con se e che fa conoscere anche agli altri, un elemento importante che può essere da stimolo anche per altri».

È stata una Paralimpiade importante soprattutto sotto il punto di vista dei risultati.

«Sì, avevamo una delegazione più numerosa e in questa edizione sono state raccolte tante più medaglie rispetto a Tokyo quindi è un traguardo davvero importantissimo. Io devo dire la verità mi sono emozionata incredibilmente quando mi sono ritrovata a entrare allo Stade De France, giuro che quando ho varcato quella soglia mi sono sentita pervadere da un sentimento fortissimo tanto che non nego che a un certo momento avrei voluto scendere in pista a correre con loro. È stato bellissimo rivivere questo contesto».

Cosa si porta dietro dalle Paralimpiadi di Rio?

«È stata pesante. Ci fecero partire prima per adeguarci al fuso orario e io avevo accusato questa cosa fisicamente e mentalmente, tanto che pensi che io ho realizzato di essere alle Paralimpiadi quando sono tornata. Ho vissuto tutto come se fossi in una bolla ero super concentrata e focalizzata solo sulle gare per questo ho sofferto molto quando ho perso nei 400 metri, dove potevo andare a medaglia. Ho fatto un errore sciocco che se ci ripenso mi lascia ancora l’amaro in bocca, però è normale che un singolo sbaglio ti condizioni se si pensa al livello della competizione a cui si partecipa: lì ci sono gli atleti più grandi e più forti del mondo. Mi ricordo che mia madre mi disse “se ci sei tu vuol dire che anche tu sei tra quelli” ed è vero se ero lì era per quello, ma davvero capisci dove sei quando ti rendi conto chi è in competizione con te e allora capisci che anche un minimo errore, può costarti tutto anche una gara che stavi preparando da anni, la più importante di tutte. E io devo essere sincera l’errore di Rio me lo porto dietro ancora oggi (ndr)».

La competizione olimpica ti segna.

«Assolutamente sì, ma guardi ho tantissimi ricordi a partire dalla prestazione importante che ho fatto nei 200 metri, infondo Rio è stata la mia prima paralimpiade e l’ho fatta a 39 anni mettendomi dietro tante atlete che ne avevano 20 quindi per me personalmente è stata una soddisfazione. Due mesi prima poi avevo conquistato due medaglie all’Europeo, un argento e un bronzo, quindi se mi guardo indietro non posso che essere fiera di tutto quello che ho fatto».

L’attenzione del pubblico e dei media è sempre più alta, quanto ancora c’è da fare per dare il giusto e meritato risalto alle competizioni paralimpiche?

«È già stato fatto tanto e si può fare ancora di più. Dopo Londra 2012 la percezione nei nostri confronti è molto cambiata, finalmente il pubblico ha iniziato a vederci come atleti riconoscendo le nostre doti e la nostra capacità di superare i limiti. La risonanza mediatica di una Paralimpiade è davvero molto potente, ti permette di poter avere dei riflettori direttamente puntati su quello che fai, va detto che però non vanno spenti una volta che la competizione è terminata. Per questo c’è ancora molto da fare soprattutto quando si parla delle competizione locali e territoriali. L’augurio è che l’attenzione e il riconoscimento cresca anche a quei livelli permettendo di poter avere una percezione mediatica sempre più adeguata e crescente. Il messaggio indispensabile che possiamo veicolare attraverso le nostre storie e tramite i media è quello che tutti hanno l’opportunità di potersi mettere in gioco e farcela. Il valore delle nostre prestazioni sportive è anche questo, permette a chi ci guarda e ha una disabilità di poter puntare su se stesso e mettersi in gioco andando oltre ogni limite».

Lei è sempre stata impegnata in campo politico e oggi è senatrice, quanto è importante per il movimento paralimpico italiano avere una rappresentate come lei a livello nazionale?

«Credo che sia preziosissimo. In questi ultimi anni la politica non ha dato grandi esempi e il dibattito generale è stato un po’ svilito, mentre portare avanti temi come questi che non sono quelli che ti “portano voti”, ma sono quelli in cui una persona come me crede e si impegna per fare sì che all’interno del Parlamento si tengano sempre accesi i riflettori sia molto importante per noi. Mi sono battuta e chi mi ha seguito tra gli atleti lo sa: oggi l’inserimento degli atletici paralimpici nei gruppi sportivi militari dei corpi dello Stato è legge». 

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