«Ho preso l’impegno a non mandare alcuna lettera di licenziamento fino a gennaio e intendo rispettare quella promessa». Così l’ad di Safilo, Angelo Trocchia dichiara all’indomani della manifestazione di protesta indetta in tutti gli stabilimenti del gruppo dopo l’annuncio dei 700 esuberi di cui 400 a Longarone e la chiusura del sito di Martignacco.
«Dietro i 700 esuberi non c’è l’intento di delocalizzare, bensì una scelta dettata dalla perdita definitiva di volumi legati al marchio Dior pari al 50% delle ore lavorate, e la mancata entrata di nuovi brand in grado di colmare questo vuoto».
no alla delocalizzazione
L’azienda vuole rispondere a sindacati e lavoratori che, in questi giorni, hanno più volte espresso il timore che Safilo possa chiudere gli stabilimenti italiani per cercare nuovi sbocchi produttivi all’estero.
«Non abbiamo alcuna intenzione di lasciare l’Italia: molti dei nostri clienti ci chiedono occhiali prodotti qui. Anzi, invece di portare via le produzioni, le abbiamo internalizzate, riportando a Longarone quelle lavorazioni prima eseguite da terzisti della vallata. Non possiamo nemmeno pensare, per aumentare i volumi qui, di importare le produzioni che facciamo all’estero: questo comporterebbe un aumento del prezzo, cosa per noi impensabile».
i tagli sono obbligati
La crisi nasce dal taglio drastico che i volumi prodotti in Italia hanno subito per la perdita del brand Dior «che è andato dall’altro lato della strada, cioè da Thélios. E non tornerà più», dice l’azienda. Safilo perderà questo importantissimo marchio a fine 2020, mentre a metà 2021 toccherà Fendi.
L’azienda spiega di avere in questo periodo portato avanti una ricerca «spasmodica di nuovi marchi in licenza per coprire il vuoto lasciato, ma non ce ne sono di disponibili e non ce ne saranno per i prossimi anni. Abbiamo cercato di trattenere questi due marchi proponendo anche delle transizioni, ma nulla. Abbiamo rinnovato la licenza con Boss che ha una quota parte in Italia e con Missoni. Stiamo lavorando anche su Marc Jacobs di cui a gennaio uscirà un occhiale alto di gamma. Ma tutto questo non colma quella grande perdita di volumi dovuta all’addio di Dior».
E sono proprio i numeri relativi ai volumi a decretare i 700 esuberi. «Con questi numeri è impossibile pensare di recuperare qualche posto». Ma l’azienda si dice pronta a discutere con le parti sociali su quali azioni mettere in campo per rendere più sostenibile l’uscita da Safilo delle centinaia di lavoratori.
«Abbiamo cercato di sollecitare le istituzioni ad aiutarci in questa operazione, coinvolgendo le aziende del distretto», dicono da Safilo riferendosi agli stati generali dell’occhialeria di novembre in cui è stato lanciato un grido di aiuto. Safilo non nasconde che ora sono i gruppi Lvmh e Kering a detenere la maggior parte dei brand del lusso che da lì, quindi, non se ne andranno. E recuperare volumi diventa pressoché impossibile.
Safilo in vendita?
L’azienda smentisce anche le voci su una sua possibile messa in vendita. «Il fondo Hal Investments è un fondo familiare che ha dimostrato in questi anni di voler investire su Safilo decidendo l’aumento di capitale e il prestito di 30 milioni di dollari per comprare l’azienda americana produttrice di occhiali».
Cosa succederà
«Facciamo appello a tutti perché il distretto dell’occhiale assorba gli esuberi nei modi e ne termini da definire. Abbiamo chiesto per questo il supporto delle istituzioni. La valle è piena di occhialerie», dice Safilo. «La politica deve lavorare per aprire un dialogo e trovare soluzioni praticabili. A Longarone, con i numeri che resteranno, potremo garantire tutti i tipi di lavorazione: dalla galvanica alla verniciatura fino alla tecnologia metallica. Cosa invece non possibile a Martignacco dove non ci sono le tecnologie adatte per fare tutto».
Capire quali settori saranno toccati dagli esuberi e in che proporzioni sarà motivo dell’incontro del 7 gennaio con le parti sociali, anche se l’ad si dice pronto ad un confronto anche prima di questa data. Intanto venerdì ci sarà il vertice al tavolo regionale. —
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