A Belluno il lavoro cresce ma la ripresa è precaria
BELLUNO. Non si può certo parlare dei numeri e dei livelli ante crisi. Ma qualche segnale di ripresa c’è, soprattutto sul fronte dell’occupazione. Un «ripresa precaria» però, come la definiscono i sindacati, visto che, se da un lato è aumentato il numero complessivo di assunzioni, a livello sia veneto che provinciale, dall’altro si registra un calo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. L’analisi sull’andamento del mercato del lavoro e dell’occupazione in provincia è stata condotta in modo unitario da Cgil, Cisl e Uil in occasione del 1° maggio, ricorrenza della festa dei lavoratori.
Basso consumo interno e aziende in calo. «In una situazione in cui il Pil del Veneto, avendo registrato solo un +0,9% nel 2017, non risulta più trainante come nel passato, in provincia di Belluno ci sono diversi elementi di difficoltà», fa presente Rudy Roffaré, segretario generale aggiunto della Cisl Belluno Treviso. «In primis un rallentamento delle esportazioni, dovuto anche a variabili geopolitiche. Si protrae poi il basso consumo interno che, unito allo spopolamento del nostro territorio, sta facendo chiudere i piccoli negozi. A questo si aggiungono le crisi storiche di alcune aziende e le difficoltà persistenti causate da una criticità ormai strutturata, che ha portato il 5,5% delle famiglie bellunesi a trovarsi al di sotto della soglia di povertà relativa. Una percentuale più bassa rispetto ad altre realtà, ma comunque preoccupante». Le imprese, poi, sono in calo, di quasi l’1%: nel 2016 sono state aperte 819 aziende, mentre le chiusure hanno raggiunto quota 931. «C’è però, d’altro canto, un tentativo da parte dei giovani di dare avvio a delle nuove attività», aggiunge Roffaré, «ma il numero delle start up, sebbene in crescita, è ancora basso: solo 8 lo scorso anno».
Occupazione in ripresa. Segnali più rincuoranti arrivano per quanto riguarda assunzioni e occupazione. «Anche se non abbiamo raggiunto i livelli pre crisi, c’è qualche timido segnale di ripresa», spiega Roffarè con Mauro De Carli, segretario generale Cgil Belluno, e con Carlo Viel, segretario Uil Treviso Belluno. Nel 2016, infatti, secondo i dati di Veneto Lavoro, le assunzioni sono state 32.245 (che non significa persone, in quanto il dato comprende anche chi ha cambiato lavoro ed è stato assunto quindi più di una volta), mentre le cessazioni 30.765. Il saldo del lavoro dipendente è quindi positivo, con un 1.480. «Questo è un bene, ma non dimentichiamo che c’è una grossa concentrazione di lavoro nelle grosse aziende», commenta Roffaré, «e se queste vanno in difficoltà c’è il rischio di perdere tanti posti di lavoro. Per questo teniamo ben monitorate le situazioni di crisi aziendale». I disoccupati sono in lieve ma costante calo: a gennaio 2015 erano 7.251, mentre a dicembre 2016 sono scesi a 6.770 (-418 persone disoccupate). E migliora la situazione per i giovani tra 18 e 29 anni, con un tasso di disoccupazione sceso dal 23,7% del 2015 (quando i ragazzi senza lavoro erano 1.627) al 22,8% del 2016 (1.529 disoccupati). «Percentuali molto al di sotto della media nazionale, che supera il 40%», fanno notare i tre sindacalisti. Il numero più basso di disoccupati in provincia è tra 60 e 64 anni (11,8%).
Il lavoro è spesso precario. Ma se l’occupazione cresce, c’è anche il lato più fosco. «Nel 2015 c’è stato un picco delle assunzioni a tempo indeterminato», precisa De Carli, «ma, una volta esauriti gli sgravi fiscali, come quelli introdotti dal Jobs Act, «il rapporto dell’indeterminato con il lavoro a termine è tornato a invertirsi, appunto, a favore della precarietà. A livello veneto le assunzioni a tempo determinato sono passate dalle 278 mila del 2014 alle 330 mila del 2016, mentre le trasformazioni in indeterminato sono diminuite. Se due anni fa rappresentavano il 38,60% sul totale dei rapporti attivati, quest’anno sono calate al 28,90%».
Martina Reolon
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