A Belluno le buste paga più leggere del Veneto
BELLUNO. A Belluno si guadagna poco. Magari ci sarà anche un minimo di ripresa, ma questa non si traduce in più soldi da spendere per chi lavora. Lo dicono i dati, riferiti al 2015, dell’Osservatorio Job Pricing, dai quali si evince che i veneti, e i bellunesi in particolare, sono fra i lavoratori meno pagati d’Italia. Qualche numero: in Lombardia, la regione dove si guadagna di più, il salario medio lordo è di 31.179 euro. In Veneto 28.803. La nostra regione è all’ottavo posto in Italia. E Belluno è all’ultimo fra le province venete, oltre che al 45esimo in Italia. Se a Verona i lavoratori guadagnano in media 30.207 euro lordi all’anno, ai piedi delle Dolomiti si arriva appena a 27.575. Oltre 2.600 euro in meno.
«Ecco perché non ho mai creduto al meccanismo della ripresa», spiega il segretario provinciale della Cgil Mauro De Carli. «Tanto più che adesso numerosi indicatori europei parlano già di una frenata. Sarà anche vero che l’export tiene, ma adesso appare in calo rispetto all’anno scorso. Non mi meraviglia affatto che i salari siano bassi, anche perché la crescita di occupati (che in parte c’è stata) è stata drogata dagli incentivi del job act. Ma la retribuzione dei lavoratori è rimasta la stessa».
A complicare la situazione e a mantenere bassi gli stipendi dei lavoratori contribuiscono anche altri fattori. De Carli cita il mancato rinnovo dei contratti collettivi nazionali di molte categorie, dal metalmeccanico al pubblico impiego, il segretario aggiunto della Cisl di Belluno e Treviso Rudy Roffarè aggiunge: «È vero che nel corso del 2015 e parte del 2016 il mercato del lavoro nel Bellunese è stato in crescita, ma sono cresciute solo le aziende legate all’export, come le occhialerie. Tutta l’edilizia e la filiera legata a questa restano in estrema difficoltà».
«Pensiamo ai falegnami, gli idraulici, gli elettricisti, tutte categorie in cui ancora la ripresa stenta», continua. «Inoltre da sempre i salari nel nord est sono mediamente più bassi rispetto a quelli del nord ovest, dove ci sono aziende importanti come quelle del settore dell’automobile». E la provincia di Belluno, prosegue Roffarè, ha sempre avuto salari più bassi rispetto alle zone vicine, «tant’è che quando venne salvata la cartiera di Santa Giustina, l’amministratore delegato mi elencò i vantaggi dell’operare in provincia di Belluno: alta produttività, conflitti sociali bassi, una logistica tutto sommato buona perché con l’autostrada in breve tempo si arriva all’aeroporto di Treviso o Venezia, un costo del lavoro contenuto».
Ma Roffarè sottolinea anche un altro aspetto: «La tradizione sindacale qui è orientata a offrire anche servizi ai lavoratori. Non pensiamo solo ai salari, ma anche al welfare. E sono stati stretti accordi importanti sotto questo aspetto, proprio grazie all’azione portata avanti dai sindacati». I quali, comunque, intendono lavorare per migliorare anche i salari dei lavoratori, in prospettiva. «Speriamo che l’autunno sia la stagione del rinnovo contrattuale», conclude De Carli. «Poi dovremo spingere sui contratti aziendali, ma sarebbero fondamentali politiche governative per abbassare la pressione fiscale e diminuire il costo del lavoro nel nostro Paese».
Anche per la Cisl il fronte su cui lavorare è quello della contrattazione aziendale e dei premi di risultato: «Si sono utilizzati in passato, ma solo unilateralmente, e dobbiamo lavorare per estenderli».
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