A Casa Coletti ospitate dieci donne con nove bambini

Feltre. Alcuni sono nati nella struttura che protegge e aiuta all’indipendenza le vittime di violenza domestica
FELTRE. Sono state 19, nel corso di quest’anno, le persone accolte nella casa protetta del Carenzoni destinata all’accoglienza di donne sole o vittime di violenza domestica. Una decina di queste sono donne e nove sono bambini, quattro dei quali nati durante l’accoglienza. In prevalenza, si dice dagli uffici dell’azienda municipalizzata servizi alla persona che ha in capo la gestione di Casa Coletti, si tratta di donne in situazione di deprivazione materiale, quindi indigenti.


Qualcuna è stata lasciata sola e priva di mezzi di sostentamento quando già era incinta. Mentre le persone che fuggono da una condizione, spesso cronica, di violenza domestica, provengono da altre località, spesso accompagnate dai carabinieri, e trovano nella struttura un luogo segreto, sicuro e protetto anche da un servizio di videosorveglianza che è l’ultima donazione da parte delle associazioni locali, in questo caso ha contribuito il Soroptimist di Belluno.


La disponibilità è rappresentata da sei miniappartamenti (camera, bagno e cucina/sala) di cui due accessibili per persone con disabilità, e quattro camere (stanza da letto e bagno), tutti arredati e dotati di biancheria coperte e stoviglie. Casa Coletti è di proprietà dell’istituto benefico Carenzoni ma la gestione è stata affidata all’Azienda servizi alla persona che determina, in base a un regolamento, accessi e permanenza nella struttura.


«L’accesso è su valutazione dell’assistente sociale dedicata dell’Azienda, dopo lo sviluppo di un progetto individualizzato sottoscritto dalla richiedente e con lei concordato, che è finalizzato all’autonomia e al reinserimento sociale», spiega la responsabile dei servizi sociali della municipalizzata, Ilaria De Paoli. Gli operatori autorizzati sono solo donne e l’assistente sociale ha un proprio ufficio dove si reca ogni settimana per discutere con le interessate i rispettivi casi. Il tempo medio di permanenza non dovrebbe superare l’anno. E il tasso di occupazione di posti letto non è mai al massimo perché la struttura deve essere dinamica, cioè deve poter dare risposte tempestive ai problemi più urgenti.


«Nemmeno il turnover, nel rapporto fra chi accede e chi esce, ha un andamento stabile», continua De Paoli, «poiché dipende dalle motivazioni per cui le donne sono state accolte e dal percorso di ricostruzione dell’autonomia. Per quanto riguarda il comune di Feltre, tale servizio rappresenta sicuramente una risorsa che ben si armonizza e completa l’insieme di interventi a favore dei nuclei in situazione di fragilità, soprattutto laddove costituiti da donne sole o sole con figli. La collaborazione con tutti gli altri servizi del territorio è sempre positiva e propositiva».


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