A processo i cinesi di via Caffi
BELLUNO. Erano degli amici che aiutavano nella ristrutturazione del negozio di parrucchiera o stranieri utilizzati in nero e sospetti clandestini o irregolari?
Il dilemma è tutto qui e da questo dipende il destino di due imputati cinesi, Mao Ruixin e Wu Shuanghua, accusati di impiego di manodopera irregolare (entrambi difesi dall’avvocato Paolo Perera). Tutto ruota attorno alla ristrutturazione del negozio di parrucchiere cinese di via Caffi, che nel febbraio 2010 vide un blitz dell’Ispettorato del lavoro. All’interno, come testimoniato da un sovrintendente di polizia e dal responsabile del procedimento, furono trovati alcuni cinesi impegnati in lavori edili: il locale, che ospitava prima un’agenzia immobiliare, doveva essere sistemato prima che l’attività della parrucchiera potesse iniziare. Il personale dell’Ispettorato ha riferito di operai che alla vista delle autorità, quel giorno di febbraio, scapparono: «Almeno due dei quattro cinesi trovati sono risultati senza permesso, uno l’ho visto strisciare per allontanarsi», hanno riferito i testi «Non avevano dispositivi di sicurezza per lavorare ed erano impegnati nel rifacimentto degli impianti elettrici e idraulici».
«Sono amici fatti venire da Milano perchè ci aiutassero: non era un’impresa quella che stava lavorando»: così il fratello della parrucchiera che ora si è trasferita a Milano. Lo stesso avvocato Perera ha prodotto la prova che uno dei due cinesi presunti irregolari, in realtà aveva già presentato domanda di emersione del lavoro nero qualche anno prima. Il processo è stato rinviato per sentire i due imputati.
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