A rischio centinaia di lavoratori del turismo e del commercio
BELLUNO. A rischio i lavoratori del terziario, soprattutto dei settori del turismo e del commercio. A lanciare l’allarme è il segretario regionale della Filcams Cgil, Emilio Viafora, assieme ai colleghi provinciali.
La questione è legata all’abolizione da parte del governo dell’istituto delle sospensioni dal lavoro a sostegno del reddito dei dipendenti delle microaziende in crisi o di quelli che hanno terminato la cassa integrazione in deroga. «Con una recente disposizione del 30 settembre, l’Inps, d’intesa con il Governo», sottolinea Viafora, «dal 23 settembre non paga più i periodi di sospensione dal lavoro per i dipendenti che lavorano per aziende che continuano ad avere periodi di crisi o che hanno terminato o stanno per finire i periodi di cassa in deroga».
L’istituto della sospensione sarebbe dovuto cessare dal 31 dicembre 2015, con l’entrata in vigore della nuova legislazione sugli ammortizzatori sociali: «Con questa decisione a sorpresa viene messo in discussione non solo il ricorso a sottoscrivere accordi di sospensione per la copertura di quei lavoratori la cui cassa in deroga è in scadenza, ma anche il trattamento delle prestazioni previste da accordi sottoscritti precedentemente alla data di ammissione della disposizione dell’Inps», dice la Filcams.
In provincia di Belluno ancora non si conosce l’entità del fenomeno, comunque, solo nel campo del settore turistico, sono alcune decine le imprese interessate.
«E nel commercio sono coinvolte praticamente tutte», dice Fulvia Bortoluzzi della Filcams Cgil di Belluno. «Bisognerà capire se queste persone, dal prossimo anno, potranno godere ancora dei fondi residuali della cassa in deroga. Altrimenti sarà veramente dura per loro continuare ad andare avanti».
Grazie alla sospensione e alla cassa in deroga a cui contribuisce per il 20% anche l’Ente bilaterale del commercio e turismo, infatti, oggi i beneficiari riescono a portarsi a casa circa l’80% dello stipendio. «Con la sospensione, inoltre, veniva garantita la disponibilità del lavoratore, quando l’azienda ne avesse avuto bisogno. Se dovesse venire a mancare, l’impresa dovrà verificare se le persone potranno rientrare al lavoro a tempo pieno o se sarà costretta ad optare per un part time o per il licenziamento», sottolinea Bortoluzzi. «Il problema è che se questa decisione del Governo dovesse avere valore retroattivo», conclude la sindacalista della Filcams Cgil, «significherebbe che tutte le sospensioni pagate dal 23 settembre rischiano di essere restituite». Quindi oltre il danno ecco anche la beffa.
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