A Zoppè completato l’antico rito del pojat

Aperta dopo quattro giorni la carbonaia accesa dal vescovo Andrich durante la festa della montagna

DI CADORE. Con l’apertura del pojat allestito ad Alberch si è conclusa la rievocazione dell’antico rito della produzione del carbone di legna. Il pojat (carbonaia) era stato acceso dal vescovo Andrich mercoledì in occasione della Festa della montagna. Al Pojat, come consuetudine, era stato dato un nome femminile e questa volta è toccato a Tonina De Nadal, la donna più anziana del paese. Regista dell’operazione il bavarese Gunther: è la terza volta che sovraintende al pojat.

«Sin dalla prima volta», dice l’ingegnere tedesco, «sono stato disponibile a preparare la carbonaia perché mi sono fatto tanti amici ed è un piacere soggiornare in questo splendido paesino. Quando ho compiuto i settant’anni gli amici di Zoppè sono venuti in Germania a festeggiarmi».

Gunther è un ingegnere meccanico in pensione con la passione della carbonaia. Fa parte del Comitato d’Europa dei carbonai ed è uno dei fondatori. Anche questa volta la regia è stata all’altezza della situazione. Per quattro giorni, 24 ore su 24, ha vegliato sul buon esito dell’operazione.

Un buon pubblico ha assistito a tutte le fasi del rito, che ha prodotto ben 1500 chili di carbone, come sottolinea Zeno Sagui segretario dll’Union di Ladign de Zopé e membro del direttivo dei Carbonai d’Europa: «Carbone di ottima qualità che sarà sistemato in sacchetti da 10 chili nel museo etnografico».

«Il rito della carbonaia a Zoppè», spiega Sagui, «è nato nel 1300. L’ultima carbonaia è stata allestita poco prima dello scoppio della Grande guerra. Successivamente, quando è nato il Museo etnografico nel 1992, la carbonaia è stata una delle attività esterne del programma museale».

Un rito antico ma con risvolti moderni, vista l’importanza del carbone nell’economia moderna. «In primavera», dice infatti Sagui, «ad una riunione in Germania è stato approfondito l’uso del carbone vegetale e dagli ultimi dati rilevati il carbone viene adoperato anche integrare il mangime che danno agli animali ma anche come fertilizzante naturale, tanto che l’Università di Parma ci ha contattati per effettuare “carotaggi” nella località dove da sempre c’è stata la carbonaia. In Germania questo prodotto viene conosciuto come “terrafredda”. Da altri studi siè appurato che i Maya lo adoperavano per fertilizzare i campi. Ecco perché nel Nord Europa il lavoro del carbonaio ha un buon riscontro commerciale. In Svizzera e in Germania esistono famiglie che vivono con la produzione del carbone e addirittura ciò avviene anche in Egitto».

Ma a Zoppè, con il museo, il pojat ha anche una valenza turistica. «Questa attività museale», dice Sagui, «ha lo scopo di mettere in luce il nostro piccolo paese e portare gente a Zoppè».

La chiosa finale è del primo cittadino di Zoppè. «Congratulazioni», afferma il sindaco Renzo Bortolot, «ai maestri carbonai tedeschi e agli allievi zoppedini. Nonostante l’inclemenza del tempo hanno dimostrato ancora una volta che lavorando insieme arrivano i risultati. Sono iniziative che riprendono una antica tradizione che vale la pena insegnare anche oggi. Un caloroso grazie agli ospiti tedeschi Efi e Gunther che per quattro giorni hanno vigilato sulla carbonaia».

Mario Agostini

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi