Abiti da sposi nello zaino e via, ecco l’album di nozze in cima al dolomitico “Cor”

BELLUNO. A chi potrebbe venire in mente di realizzare in cima al “Cor” l’album di nozze di una coppia bellunese? A lui, a Federico Musashi (D’Ambros, all’anagrafe), fotografo professionista di Trichiana, appassionato delle montagne bellunesi, Prealpi in particolare, oltre che del suo lavoro.
Cominciamo dal “Cor”, un cuore che il tempo ha creato nella roccia, nelle Pale di San Lucano. L’immagine di quel luogo speciale è stata anche protagonista del nostro concorso fotografico “Belluno meraviglia” di due anni fa.

Da chi è nata l’idea di fare le foto di nozze al “Cor”?
«È nato tutto per caso. Quando la primavera scorsa mi sono incontrato con Elena e Simone per definire i dettagli del loro matrimonio (di cui ero il fotografo) mi hanno chiesto se ero disponibile più avanti per un servizio fotografico in un luogo che per loro aveva un significato particolare. Sapendo che entrambi sono degli ottimi escursionisti molto allenati e pratici sulla roccia, ho pensato che si potevano rendere uniche quelle foto, indossando nuovamente gli abiti nuziali. L’idea li ha entusiasmati, così abbiamo iniziato a organizzarci. Ho preferito attendere l’autunno per avere la certezza di un meteo più stabile ed evitare gli imprevedibili temporali estivi, anche se questo significava esporsi a temperature meno gradevoli. A inizio ottobre, insieme a due amici (Laura e Giovanni), finalmente siamo partiti».
Non è facile, comunque, raggiungere il “Cor”.
«C’è più di una via per raggiungerlo, noi per risparmiare tempo abbiamo scelto la più diretta anche se molto ripida e un po’ impervia con dei tratti esposti non banali che richiedono piede fermo e totale assenza di vertigini. In meno di tre ore eravamo su: il “còr” ci stava aspettando ma anche un forte vento freddo che non era proprio la migliore compagnia, specie per gli sposi che si dovevano svestire, indossare gli abiti del matrimonio portati su negli zaini, e posare per le foto».
C’è un video realizzato per l’occasione e pubblicato sulla sua pagina Fb, che racconta molto di questa avventura. La sposa che indossa un leggerissimo e molto scollato abito bianco, l’amica che cerca di abbottonare i bottoncini sulla schiena con i guanti, ed è costretta a toglierli».
«Il servizio è durato un paio d’ore circa, gli sposi si sono sempre mossi cautamente e facendo ogni passo nella massima sicurezza. Ho voluto attendere il tramonto per avere qualche colore in più nello scenario e infatti una bella enrosadira che ha dipinto di rosso l’Agnèr ha chiuso degnamente la giornata. Naturalmente fra uno scatto e l’altro facevo indossare il pellicciotto alla sposa per evitare che si congelasse».
Quindi siete scesi praticamente al buio.
«In un attimo, zaini carichi, torce accese e pronti per scendere di nuovo a valle. Una leggera nevicata portata dal vento ci ha salutati rendendo ancora più magico quel momento. Per il ritorno abbiamo optato per il giro ad anello che attraversa le creste, meno ostico da fare al buio ma molto più lungo, arrivati all’auto avevamo percorso quasi 15 km per 1300 metri di dislivello, una bella passeggiata!».

Da quanto tempo fa il fotografo e come ha cominciato?
«Faccio il fotografo a livello professionale da 7 anni anche se la passione è iniziata molto prima: ho iniziato come tutti fotografando ogni cosa, fino a trovare i generi che più mi piacevano. Ora la mia attività si concentra sui servizi ai matrimoni e alle gravidanze; inoltre organizzo annualmente dei corsi di fotografia, ho tenuto delle serate dedicate alla fotografia di montagna e qualche anno fa insieme a un amico e collega ho pubblicato un doppio volume sulle Dolomiti».
Sempre in tema di servizi di nozze, cosa chiedono le giovani coppie, quali sono le location preferite?
«Le coppie in genere non hanno le idee molto chiare su come e dove fare le foto, spesso si preoccupano che si debba per forza trovare una location straordinaria per avere buone foto. Il problema è che il giorno del matrimonio non si può dedicare tutto il pomeriggio per questo, quindi personalmente preferisco improvvisare, sfruttando il primo posto che ritengo ideale e che sia a portata di mano. Quando vedono le foto spesso si stupiscono di come siano venute bene pur essendo fatte in un luogo apparentemente banale come quel boschetto davanti alla chiesa o il prato di fianco casa. Non si rendono conto che a rendere splendida la foto sono proprio loro con la loro felicità e non lo scenario che li circonda».
Qualche episodio?
«Ricordo un matrimonio in Val Zoldana durante il quale non smise di piovere per tutto il giorno. Poco prima di arrivare al ristorante accostammo a lato della strada e feci salire gli sposi su un ceppo, con l’ombrello in mano e i colori del bosco autunnale dietro. Erano talmente felici di essersi sposati che nonostante il brutto tempo non fecero altro che baciarsi e sorridere e in 10 minuti feci le migliori foto di quell’anno».
Quali sono le zone che preferisce fotografare e in quale periodo dell’anno?
«Finiti i matrimoni, mi appassiona molto la fotografia di montagna e la nostra provincia è una vera miniera d’oro. Dalla cima più alta alla valle più nascosta vi è un’infinità di luoghi che meritano di essere immortalati ma, prima di tutto, osservati. In questi anni mi sono concentrato maggiormente sulle cime del Parco bellunese, le montagne zoldane, le cime dell’Alpago e naturalmente le Prealpi dietro casa, tutti luoghi generalmente snobbati dai fotografi ma dove in realtà in qualsiasi stagione si possono scattare foto straordinarie».
Cosa cerca in una foto?
«Credo sia importante riuscire a esprimere se stessi dando un’impronta personale ai propri lavori in modo che col tempo la gente possa identificarci subito in essi. C’è molto conformismo nella fotografia, oggi con i social più che mai. Prendiamo ad esempio la fotografia di paesaggio, tutti vanno negli stessi posti a fotografare le stesse cose nello stesso modo, questo approccio permetterà senz’altro di realizzare ottime immagini che nel web riscuoteranno tanti applausi virtuali (i cosiddetti “like”) per una gloria solo momentanea, ma non permetterà mai all’autore di dire qualcosa di più su di lui ed è un peccato perché basterebbe davvero poco a volte». —
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