Acc, per ridurre i 91 esuberi l’unica soluzione è il part time

Sono 80 i dipendenti che accetterebbero l’orario di lavoro a quattro ore. Se la domanda fosse accolta, rimarrebbero da sistemare cinquanta persone

Novantuno dipendenti della Wanbao Acc di Mel saranno licenziati dal primo ottobre e per loro non ci saranno più ammortizzatori sociali ai quali fare ricorso. «Queste sono le certezze, anche se negative», precisa Mauro Zuglian della Fim Cisl, «da cui i sindacati partiranno per trattare con l’azienda, in cerca di un accordo per la loro ricollocazione».

La lettera spedita dall’azienda è arrivata ieri sera alle parti sociali e alle rsu. Una missiva che apre di fatto la procedura di mobilità collettiva e che mette nero su bianco la necessità di portare a 294 il personale operante all’interno dello stabilimento per poter essere più competitivi.

«Abbiamo 75 giorni di tempo per trovare una soluzione ai 91 esuberi; 45 saranno riservati alla trattativa aziendale. Il primo punto su cui inizieremo a trattare sarà quello relativo al part time a quattro ore», ha detto Luca Zuccolotto, segretario della Fiom Cgil, «una soluzione che era stata scartata qualche tempo fa dall’azienda, ma che ora potrebbe tornare utile».

Attualmente «sono 80 i dipendenti che potrebbero essere interessati a questa ipotesi, il che significa 40 esuberi in meno», dice Nadia De Bastiani, della rsu. «Con questa soluzione di posti da tagliare ne resterebbero 50. Altri lavoratori potrebbero uscire se l’azienda mettesse sul tavolo qualche incentivo (incentivo che ha portato a maggio all’uscita volontaria di una trentina di persone, ndr). Per chi resta scatterebbe quindi la possibilità di avviare la riduzione dell’orario di lavoro a 6 ore invece delle 8», continua ancora Zuccolotto.

Ma tagliare l’orario significa tagliare il salario. «Ricordiamoci che questi dipendenti hanno già perso il 16% del loro stipendio passando con Wanbao: lavorare a sei ore significherebbe ridurre il salario di un ulteriore 25%. «Noi i sacrifici li abbiamo fatti, ma l’azienda non ha innovato e si parla ancora di esuberi», dice Massimo Busetti della rsu.

La speranza ora è che arrivi qualche proposta di lavoro dal territorio, cosa su cui il sindacato nutre molti dubbi. «Se il territorio avesse voluto fare la propria parte l’avrebbe già fatta», dicono i sindacati, che si preparano al tavolo di confronto in Provincia. «Visto che abbiamo ottenuto insieme ad altre aziende importanti aiuti dal ministero, se a fine settembre non ci sarà alcun accordo, potremmo chiedere almeno altri tre mesi di cassa», conclude Luciano Zaurito della Uilm. «Se non dovesse esserci l’accordo, infatti, l’azienda dovrebbe pagare all’Inps nove mensilità per ciascun lavoratore, al posto delle tre previste in caso di intesa sindacale». «Perché le imprese che fanno frigoriferi in Italia non si servono dall’Acc per avere i compressori?», si chiedono Fiom Fim e Uilm. «Solo così potremo avere un rilancio». —


 

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