Addio corale a Floriano Pra, politico d’altri tempi

Il governatore Zaia al funerale: ha sdoganato le Dolomiti bellunesi. Tra la folla anche il predecessore Galan e Chisso
La bara di Floriano Pra
La bara di Floriano Pra

ALLEGHE. «Con umiltà, dedizione e pragmatismo ha avuto il grande merito di sdoganare queste montagne che subivano sempre rispetto ad altri posti».

C’era anche il presidente della Regione, Luca Zaia, ad attendere il feretro di Floriano Pra sulla piazzetta della chiesa di Caprile dove ieri si sono celebrati i funerali dell’ex assessore regionale agordino, morto sabato a 82 anni, due settimane dopo la moglie Marisa.

Oltre a Zaia, attorniato da molti sindaci agordini e non, sul sagrato c’era il suo predecessore Giancarlo Galan, nelle cui giunte Pra aveva operato. Da Galan, che poco prima aveva stretto la mano all’ex assessore regionale Renato Chisso, però nessuna dichiarazione.

Due presenze (unite a quelle di altri politici del presente e del passato) che hanno dimostrato ancora una volta l’importanza di un personaggio che ha saputo rappresentare l’Agordino e il Bellunese forse come pochi altri. Ma per arrivare a comprendere le parole di Zaia, bisogna ascoltare quelle della nipote Barbara che, prima dell’inizio del rito funebre concelebrato da padre Pietro Viscolani del santuario di Santa Maria delle Grazie, con padre Anselmo e il vescovo emerito Giuseppe Andrich, ha salutato lo zio a nome dell’intera famiglia.

«Hai trascorso gli ultimi 18 mesi combattendo contro la malattia con grande forza, coraggio e orgoglio - ha detto Barbara Pra, rivolgendosi allo zio - negli occhi si intravedeva una grande sofferenza che però hai palcato per la zia e per noi. Un giorno ci dicesti: “Siamo tutti e due molto ammalati e devono combattere per due”. Questo è ciò che ti ha reso così forte e combattente. Ciò che ti teneva saldo a noi. Ti sei spento in due settimane sempre con tenacia e mostrando il sorriso».

Le caratteristiche che in molti hanno poi ammirato nel Pra politico e imprenditore, sono prima state coltivate nella famiglia. «Sei stato una grande persona sotto stanti punti di vista - ha continuato la nipote - zio, padre, fratello, nonno, che ha sempre cercato di tenere la famiglia stretta a lui. Grazie per averci mostrato cosa voglia dire esser persone forti e tenaci, per averci insegnato l’umiltà e per il supporto nei momenti duri, per averci trasmesso un immenso e incondizionato amore che mai potremo dimenticare».

Parole ascoltate da una chiesa e da un sagrato stracolmi. Una chiesa a cui Floriano Pra era legato. Al cielo aveva affidato le sue preghiere nei tempi difficili della malattia sua e della moglie. «Erano belle - ha detto il frate di Santa Maria delle Grazie - le vostre frequenti camminate al santuario. Accendevate una candela non per chiedere un’assoluzione miracolistica, ma per avere forza e sostegno. Dicevi: “Avverto con certezza che c’è qualcuno lassù che mi dà serenità e forza e che mi sta guidando”».

Pra ha avuto a cuore i problemi della sua terra fino all’ultimo. «Il dopo - ha detto padre Pietro - ce lo stiamo costruendo ora, giorno dopo giorno. Tu Floriano hai avuto un ruolo importante nella vita sociale: la presenza oggi così numerosa è significativa. L’amicizia, il dialogo, la disponibilità donate alle persone che hai incontrato e conosciuto sono e rimarranno sempre tali».

«Ti diciamo il nostro grazie - ha aggiunto - per quello che sei stato, per la famiglia, per la società, per la passione verso la tua terra, la tua chiesa e per ognuno di noi. Grazie al buon Dio che ci ha fatto dono della tua presenza».

Così come in quelle della nipote, anche nelle parole di padre Pietro, è emerso quel rapporto simbiotico con la moglie. Pra lo aveva detto all’amico Spinetta, prima ancora che Marisa morisse: «Cosa farò senza di lei?». Se ne è andato quindici giorni dopo e questo è sintomatico.

«Il vostro vivere assieme per 60 anni - ha detto il frate - ha avuto come cardine e sostegno la famiglia. Rivivo i vostri ultimi momenti, seduti sul divano, le mani che si cercavano e restavano unite, saldate assieme. Erano gli occhi che parlavano».

Quando i primi due si sono chiusi, gli altri due li hanno seguiti.

Forse erano stati proprio gli occhi di Marisa a far sì che Pra potesse diventare il personaggio che Zaia ricorda mentre scende per il vicolo sotto la chiesa. «Questa mattina - ha detto il presidente della giunta regionale - ho visitato un imprenditore che aveva saputo della morte di Floriano Pra. “Un signore - gli ho detto - un signore d’altri tempi”. Se ne va un grande pezzo di storia non solo della montagna veneta, ma del Veneto. Uno che ha amato le sue montagne, le Dolomiti».

Un amore che, secondo Zaia, è riuscito ad abbattere dei grossi ostacoli sulla via del riconoscimento delle Dolomiti. «Floriano Pra - ha detto Zaia - ha avuto il merito di aver sdoganato queste montagne che subivano sempre rispetto ad altre zone. Il Veneto tutto gli deve un grande riconoscimento per il lavoro fatto con umiltà, dedizione e pragmatismo: anche davanti al grande problema aveva un atteggiamento positivo».

Per l’ultimo saluto a Pra, Zaia ha infine citato Foscolo. «Nei Sepolcri - ha evidenziato - diceva che per garantirsi l’immortalità si devono fare grandi cose. Lui se l’è garantita, perché sarà sempre ricordato per ciò che ha fatto per il Veneto e per questi territori».

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