Agente a processo per gli orari di lavoro I colleghi lo difendono
Polizia provinciale, atto secondo. Dopo l’assoluzione in abbreviato, perché il fatto non sussiste, di 29 agenti (erano stati portati a processo per peculato dall’allora procuratore Francesco Saverio Pavone), in tribunale c’è ancora il vice istruttore Valerio Nart, che invece deve rispondere di falso materiale e falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico. Secondo la Procura, ha attestato orari di inizio e fine servizio non veritieri nel libretto di movimento della macchina di servizio e nei fogli di rilevazione delle presenze, compilati con l’invio di un messaggino sms all’ufficio del Comando provinciale.
Le indagini sono state sviluppate dalla polizia, tramite il montaggio di un dispositivo Gps sul fondo dell’autoveicolo. Per fare un esempio, il 12 novembre 2014 Nart ha indicato le 5.56 come inizio e le 12.07 come fine, ma per lo strumento ha cominciato alle 6.48 e ha terminato alle 10.08: lo scarto è di due ore e 51 minuti, quindi l’agente avrebbe guadagnato più del dovuto. Premesso che una volta le presenze venivano certificate con l’agenda e non esisteva la timbratura elettronica e che le macchine di servizio venivano portate a casa, gli otto testimoni della difesa hanno spiegato il motivo per cui i conti non corrispondessero.
I colleghi hanno spiegato al difensore Dalla Bernardina, al pubblico ministero Rossi e al giudice Feletto che il servizio comincia nel momento in cui si esce di casa e molto spesso Nart andava a piedi nei luoghi in cui era chiamato a intervenire per la tutela della fauna selvatica. L’uomo abita in una frazione in collina di Sedico e, proprio in quel luogo, c’erano stati degli episodi di uccellagione. Non aveva senso andarci in macchina: non solo perché la distanza da coprire era molto limitata, ma anche perché sarebbe stato controproducente farsi riconoscere immediatamente dai bracconieri.
È capitato diverse altre volte, anche ai colleghi, di lasciare il veicolo a distanza e proseguire a piedi, in maniera da sorprendere chi stava commettendo un reato. Niente di strano, dunque, se gli orari indicati dal Gps non collimano con quelli dichiarati. Sentito anche il compagno della figlia di Nart, che ha spiegato come, pur non conoscendone il motivo ufficiale, gli sia toccato andare a prendere il potenziale suocero. Infine il presidente della riserva di caccia di Sedico, che ha chiamato l’agente in diverse occasioni, ad esempio quando gli erano stati segnalati degli spari sospetti, nella zona del Peron. Discussione e sentenza il 28 ottobre, a mezzogiorno. —
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi