Sfasciarono due bus posteggiati in stazione, quattro mesi a testa
I ragazzi agordini dichiarati colpevoli di danneggiamento. Nessuno ha pagato i tremila euro di risarcimento danni
Sfasciarono due corriere alla stazione di Agordo. Alex Manfroi e Mateus Rossi sono stati riconosciuti colpevoli del reato di danneggiamento aggravato e il giudice Luca Berletti li ha condannati a quattro mesi di reclusione a testa.
Accolta la richiesta del pubblico ministero Sandra Rossi, mentre i difensori d’ufficio Luca Dalla Bernardina e Claudio Rossi avevano prospettato una sentenza di assoluzione, ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova della colpevolezza dei due giovani agordini. Che, se si fossero messi in contatto con i rispettivi difensori, avrebbero potuto chiedere la sospensione del processo per messa alla prova e cavarsela con i lavori di pubblica utilità o chiedere un rito alternativo che prevede uno sconto di pena; avendo dimostrato un totale disinteresse, hanno incassato una sentenza che peserà sulla loro fedina penale.
Il dibattimento è durato solo un’udienza, nella quale sono stati sentiti l’appuntato dei carabinieri che ha fatto le indagini e un dipendente di Dolomitibus, l’azienda provinciale del trasporto pubblico.
I ragazzi agordini sono saliti a bordo delle due corriere e già per questo hanno dovuto forzare le porte. Una volta a bordo, si sono scatenati contro gli arredi e hanno vandalizzato le poltrone.
Gli autisti se ne sono accorti il mattino dopo, al momento di riprendere il servizio e non hanno potuto mettere in moto le vetture, visto come erano conciate. È stata fatta una prima stima dei danni, che ha portato il conto fino a 3.400 euro.
Non uno di risarcimento sarebbe stato sganciato, ad ogni modo l’azienda Dolomitibus non si è costituita parte civile per reclamarli. Era sufficiente una sentenza di condanna, che è effettivamente arrivata, dopo una camera di consiglio, tutto sommato, breve.
Ci vorrà del tempo per avere le motivazioni della sentenza, sulla base della quale potrebbe essere presentato appello. Nell’imputazione, era contestata l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, ma proprio grazie a questo le telecamere della videosorveglianza hanno potuto fare bene il proprio mestiere.
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