Agordo, tutta la verità della Vecia prima del rogo: «Per me non c'è la prescrizione»

Tradizionale fuoco di primavera con la lettura del testamento. Tante denunce, dai vigili alle telecamere finte, a Gsp, ai rifiuti
AGORDO.
Brucia nel rogo con amarezza. Quella del 2011 è una "Vècia Pòpa" più stanca e più triste, ma non meno incisiva, anzi. Quasi affranta per il fatto che le cose non cambiano ("ogni an me par che le sénpro chéla"), ma decisa ancora una volta a scendere da Val de Frèla a denunciare sul Brói di Agordo ciò che non va.

Tanta la gente che come di consueto si è assiepata attorno al grande prato cittadino per ascoltare le invettive del "testamént" della Vècia Pòpa comparsa ieri dopo un anno passato fra i boschi di Framónt.

Prima del momento clou sono però stati tanti gli spunti di intrattenimento. A partire dai carri mascherati delle frazioni di Tóccol, Rif, Pragrande, Centro che hanno accompagnato l'arrivo in piazza dell'anziana signora. Ma anche la banda di Pieve d'Alpago, il gruppo de "I ladìn del Pói che bala" e i ragazzi del Ceod con i loro "botói" hanno completato una splendida coreografia.

Nei suoi strali la "vècia" è partita dal posizionamento dei pannelli solari sui tetti delle case. "Ma le regole per zèrti me par che no le vale se l'é vera che i panèi i a da sta dò drét le ale".

Poi, era nell'aria, la satira sulle telecamere finte installate dall'amministrazione comunale, smascherate dal consigliere Ronchi e finite sui telegiornali nazionali che "le ne à fat fà anca na magra fegura".

Ma intanto che si discute di ciò, seconda la "vècia" sono altri i furti in atto. "Vardé chél che sucéde intant che tuti i tas, pian pian l'ospedal i ne lo fréga sót el nas". Così, se dopo la chiusura della maternità "i pupi i à tacà a nase per strada", con un'ipotetica chiusura della chirurgia "staòlta in ambulanza ris-ciaré de dontàghela".

Nessuna illusione per il fantoccio che aspetta di essere bruciato: a Venezia non mollano e ammorbidiscono le proteste con "bèle parole". Qualche speranza la nutre nel federalismo fiscale, ma rilancia sull'autonomia bellunese. "Se po' chéi da Venezia i continua a governàne, invéze che sórz avarón pantegane. I ne dis che a casa nòsa sión noi el parón ma intant i ne à fat fora anca dò in Region".

Dopo i dubbi sulle centraline idroelettriche e sulla gestione di Bim Gsp, la "vècia" torna su un tema a lei caro, quello dei vigili urbani. Quando saranno finiti i lavori della circonvallazione - si chiede - "vedaróne 'ncóra i vigili ciacolà in banda a la strada?". Quindi prosegue con le multe per la guida in stato d'ebbrezza, i Comuni che fanno cassa con l'autovelox, la nuova raccolta differenziata ("manco mal che per mi ho solche ste straze se no ocorea 'na laurea per sgòrdeme doi straze". Il finale è invece tutto riservato al premier. "E a vede al dì de'ncói come la dént la fa cariéra, me avarèe tocà vestìme da sexy-infermiera. E po' magari per la mè ganba lunga, me sarèe catada in mèz a'n bel bunga bunga".

Prima del rogo l'ultimo affondo: "Són na recidiva e dighe ròbe che ve urta, ma a mi la prescrizión de segur no i me la scurta".

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