«Ai processi si deve andare preparati»

PONTE NELLE ALPI. «I testimoni che fanno parte delle forze dell’ordine devono venire preparati alle udienze in tribunale, onde evitare quelle che molti definiscono assoluzioni facili». La raccomandazione è del procuratore capo della Repubblica del tribunale di Belluno, Francesco Saverio Pavone, che l’ha inviata a tutte le forze di polizia, dalla questura ai carabinieri, dalla guardia di finanza fino alla polizia locale. «I testimoni non devono arrivare in udienza del tutto impreparati e non in grado di riferire alcunché», dice Pavone che aggiunge: «Ricordo che una volta lo stesso presidente aveva dovuto sospendere l’udienza per dare la possibilità al testimone di consultare i documenti e rendere una testimonianza perlomeno dignitosa sull’attività di indagine svolta». Il procuratore capo ricorda che «ciò potrebbe arrecare pregiudizio ai fini della ricerca della verità. Infatti, una precisa ed esaustiva attività investigativa è inutile, se chi ha l’obbligo di testimoniare non consente al pm e alle parti processuali di ricostruire i fatti, per incuria, inosservanza o negligenza. Se dovessero capitare fatti di questo tipo», conclude, «sarà mia cura chiedere provvedimenti disciplinari, perché lesivi dei doveri inerenti l’attività giudiziaria».
E un po’ di confusione c’è stata ieri mattina al tribunale di Belluno, nel corso delle due testimonianze rilasciate dagli esponenti delle forze dell’ordine che hanno seguito le indagini che hanno portato Quirino Beracci e Gennario Longobardi sul banco degli imputati, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata, alla falsità materiale commessa dal privato ed alla sostituzione di persona. Secondo gli investigatori, i due, usando i dati personali di una trentina di persone, carpiti illecitamente e violando la legge sulla privacy, avrebbero richiesto a una grossa finanziaria numerosi finanziamenti destinati all'acquisto di mobili nell’azienda Cieffe Group di Ponte nelle Alpi, attualmente fallita. All'insaputa dei cittadini coinvolti, infatti, venivano create pratiche di finanziamento con firme false. I due investigatori, che avrebbero dovuto portare elementi a sostegno delle accuse mosse ai due imputati, nel rispondere alle domande del pm e degli avvocati della difesa non sono riusciti a spiegare quali fossero le prove in loro possesso per avvalorare le accuse, tanto che sono stati invitati anche dal presidente del collegio giudicante, Antonella Coniglio, a «venire preparati in aula, perché i processi non si possono fare sulle sensazioni. Servono atti, accertamenti e quant’altro, per capire come si arriva a dire che una persona è stata oggetto di una truffa».
Ma la confusione non è mancata in questo processo neppure in altri testimoni. Un po’ incerta la testimonianza della proprietaria dell’immobile che ospitava la Cieffe Group a Ponte nelle Alpi. A dare qualche risposta più sicura il curatore del fallimento della ditta, il quale ha parlato di macchinari ordinati dalla ditta fallita e mai trovati e di magazzini inesistenti in Campania, dove avrebbe dovuto essere custodita la merce. L’udienza per sentire i cittadini che sarebbero incappati in questa presunta truffa è in programma il 19 novembre.
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