Aiut Alpin Dolomites: «D’accordo sul volo serale: sul notturno sono cauto»
«Per quanto conosco la vostra realtà, ci vorrà ancora un anno per l’attivazione del volo notturno. Non preoccupatevi, perché altre regioni non ce la faranno prima di 10 anni».
Dopo due sperimentazioni venti anni fa, si torna a parlare di volo notturno nel Bellunese e nel Veneto. Ma c’è chi già lo ha come servizio, come l’Alto Adige.
Raphael Kostner è il più esperto “verricellista” delle Alpi. Da anni è l’anima della “Aiut Alpin Dolomites” di Bolzano. Il volo notturno, in Alto Adige, gli deve molto, se non tutto. «Non esageriamo – si schernisce -. In verità ci ho messo l’anima. In Italia siamo i primi ad aver introdotto questo servizio in maniera stabile, era il 2017. Ma il soccorso di notte io l’ho pensato ancora nel 1984 mentre abbiamo cominciato a metterci seriamente le mani nel 2004. Tutti questi anni sono stati necessari per dare una struttura al servizio e per la preparazione professionale dei piloti e del personale – sottolinea Kostner -. Siamo i primi in Italia, ma gli ultimi in Europa».
All’inizio di questo mese, il Veneto ha bandito il concorso europeo. È in ritardo?
«Il Paese nel suo complesso è in ritardo. Ma i tempi che il Veneto si è dato sono tutti compatibili con le difficoltà tecniche e normative con le quali dobbiamo fare i conti. Le difficoltà della formazione per prime».
Voi, ad esempio, dove vi siete formati?
«Addirittura in Svizzera e la formazione ce la siamo pagata noi perché eravamo in una fase pionieristica. Oggi ci sono le società che provvedono a tutto ma costano fior di milioni. Ecco perché si scontano anche dei ritardi».
Il volo notturno è indispensabile, quindi taluni costi sono comprensibili.
«Io sarei un po’ cauto. I numeri non danno ragione alle prime esperienze di volo notturno. Direi che è giustificato il volo serale, in allungamento di quello diurno. Si può andare, insomma, fino alle 22, 22.30. Di notte, in montagna, quasi tutti sono a casa e quindi raggiungibili dall’autoambulanza».
Vuol dire che il volo di notte ha costi eccessivi rispetto ai benefici che potrebbe dare?
«Un equipaggio (5 professionalità) può rimanere in servizio 12 ore, quindi dovremmo avere 2 medici, 2 soccorritori, oltre che 2 piloti e altre figure operative. Chi paga? E non è l’unico problema».
Qual è l’altro problema?
«Il personale oltremodo professionalizzato. I nostri piloti non possono entrare in servizio se non hanno almeno 3 mila ore di volo. I tecnici se non hanno almeno 500 ore di gancio baricentrico. E il medico a bordo non può essere un dottore qualsiasi ma noi vogliamo che sia un anestesista. Si tratta di problemi che il vostro primario, Cipollotti, conosce molto bene, avendo fatto esperienza da noi. In provincia di Belluno avete un dirigente che ci sa davvero fare, come Rosi a Treviso».
E poi c’è il problema delle piazzole. Ci sono quelle già attrezzate e quelle che devono esserlo.
«Sì, perché il volo notturno ha tante opportunità: tra un ospedale e l’altro (e i vostri sono tutti attrezzati), tra un ospedale e il territorio, dove appunto si stanno implementando le piazzole, come quelle nei campi sportivi. La Provincia di Belluno è più avanti, in questo senso, rispetto all’Alto Adige. Ma attenzione, nel volo notturno dovrebbe essere previsto anche l’atterraggio presso i rifugi alpini e l’intervento con il verricello. Quindi la faccenda si complica; bisogna decidere dove si vuole arrivare. Considerando l’esperienza maturata, non ritengo che sia saggio portare questo tema all’esasperazione».
Nei casi eccezionali, possono essere utilizzati anche gli elicotteri militari con i piloti che ormai da decenni fanno uso del visore notturno?
«Loro sono espertissimi nella conduzione degli elicotteri, però mi è capitato spesso di riscontrare difficoltà perché non dispongono delle altre figure necessarie. Non sempre hanno il medico, tanto meno il verricellista. Anche pochi giorni fa ho ricevuto una pressante richiesta di aiuto dall’Emilia Romagna perché l’intervento di un elicottero militare non era stato sufficiente». —
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