Al maestro Luigi Fant il premio Vita da sarto «È il punto più alto, grazie a mia sorella»

l’intervistaAncora un riconoscimento per il Maestro Sartore bellunese, Luigi Fant. In questi giorni ha ricevuto a Roma dall’Accademia nazionale dei sartori il premio “Vita da Sarto”, massimo titolo...

l’intervista

Ancora un riconoscimento per il Maestro Sartore bellunese, Luigi Fant. In questi giorni ha ricevuto a Roma dall’Accademia nazionale dei sartori il premio “Vita da Sarto”, massimo titolo che l’ente riserva a chi si è distinto nel settore. «Un premio che mi onora e gratifica per una vita dedicata alla sartoria, passione alimentata giorno dopo giorno, malgrado l’età», afferma, «mai avrei pensato di portare un premio così importante a Belluno dopo che tante volte in passato l’essere un sarto di provincia mi aveva creato difficoltà per far valere il mio lavoro a occhi di nomi più importanti della sartoria romana o milanese».

Com’è iniziata la carriera?

«Ho appreso la professione da mio padre che nel 1923 aveva fondato la bottega che ancora oggi mando avanti, sognavo di diventare accademico, ma quando presentai la domanda nel ’71 fu rifiutata da Roma benchè in regola. La motivazione? Il prestigio dell’accademia non poteva essere messo in discussione tesserando un sarto di provincia».

Da allora l’eleganza dei suoi abiti e la finezza in ogni dettaglio le sono valsi tantissimi premi, da far ricredere la stessa accademia sartori: ci racconta quando le consegnarono la tessera?

«Sono passati ben 13 anni da quella mia domanda d’iscrizione all’Accademia, un periodo lungo nel quale ho partecipato a sfilate e mostre internazionali da Roma, viaggiando di notte con i miei abiti sul treno che allora partiva da Calalzo, a Sanremo e a Parigi, facendo conoscere il mio lavoro e ricevendo sempre maggiori attenzioni. Nel 1984, al Festival della moda di Sanremo ho avuto l’onore di ricevere sul palco del casinò la tanto desiderata tessera direttamente dalle mani del presidente dell’Accademia, onore che non era spettato a nessuno prima».

Da allora l’arte di Luigi Fant non conosce più confini. Cos’è per lei la professione di sarto e com’è cambiata la moda in questi anni?

«L’abito è il biglietto da visita della persona ed essere accademico vuol dire essere maestro di vita e di eleganza. Un sarto deve saper esprimere rispetto e raffinatezza con le sue creazioni. Negli anni ho conosciuto personaggi di livello internazionale, come il sarto di Ronald Reagan, rimasto affascinato dai miei abiti, e ho rappresentato la sartoria italiana nel mondo, dalla Svizzera alla Cina. Ora la gente compra raramente abiti di sartoria, un tempo solo per un matrimonio se ne acquistavano almeno cinque, per gli sposi e i parenti più stretti. Il nostro laboratorio ha sempre avuto un’ottima clientela che oggi, però, spesso viene da più lontano. È una professione molto bella che richiede una grande passione e per la quale bisogna dedicarsi anima e corpo, ma che può dare anche grandi soddisfazioni».

Tra le motivazioni dell’ultimo premio, il più importante, c’è la capacità di trasmettere la sua passione, a chi?

«Ho un’allieva, Silvia Zanella, di Lentiai, che realizza ottimi capi e ha partecipato a eventi internazionali con me come junior. Quelle che trasmetto sono arte e tradizione pure. Questo premio lo dedico a mia sorella, anima, con me, dell’azienda e dei capi che da qui sono usciti, compreso quello che ha sfilato a Roma a Villa Miani mentre lei era in fin di vita. È stato un momento duro che mi ha impedito di parlare alla consegna del premio. Ora, su questo punto più alto non mi resta che curare la salute, ma non parlatemi di pensione, continuerò a mandare avanti il mio lavoro con passione». —

Fabrizio Ruffini

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