Al S. Martino il nuovo sistema di triage
BELLUNO. Una risposta di qualità, appropriata ed equa. Questo l’obiettivo del nuovo triage partito ieri al Pronto soccorso di Belluno. E che, una volta formato il personale, sarà adottato nelle strutture di Pieve di Cadore ed Agordo. Il nuovo sistema è già attivo da qualche anno nell’unità operativa di emergenza di Feltre diretta da Edoardo Rossi. E ora anche il San Martino, diretto da Giovanni Gouigoux, si mette al passo. In arrivo anche diversi monitor multifunzione per questo.
I benefici del nuovo triage. Il triage bifasico è previsto dalla delibera regionale 1888/2015 ed è stato «istituito per rendere omogenea la risposta alla domanda urgente della popolazione. Il tutto in base alle risorse, non solo umane, ma anche tecnologiche a disposizione di ogni Pronto soccorso», specifica il primario Rossi. «Si tratta di un metodo meno dipendente dall’operatore, meno basato sulla soggettività dell’infermiere triagista, garantendo, inoltre, un metodo di valutazione del rischio rapido, di elevata sensibilità che predilige una sopravvalutazione dell’urgenza di un sintomo. Per l’operatore, invece, ne deriva una maggiore tranquillità del medico che sa che è stata assegnata una giusta priorità ai pazienti».
Cosa prevede il nuovo triage. Il triage si divide sostanzialmente in due fasi: la prima è definita “triage d’accesso”. «Praticamente quando un paziente si avvicina al bancone del triagista, l’infermiere valuta in maniera visiva e uditiva se c’è un’alterazione delle funzioni vitali. Già da qui si può stabilire il codice colore da assegnare. Seguono poi una serie di domande ad hoc per individuare altri eventuali segnali di rischio. A questo punto viene definita l’urgenza tramite all’assegnazione di un codice-colore. Se il paziente è in immediato pericolo di vita e rischia gravi danni a causa dell’attesa in Pronto soccorso diventa un codice “rosso” ed entra immediatamente negli ambulatori. Qualora il triagista noti, invece, un rischio potenziale dall’attesa, viene affibbiato il codice “giallo”. In questo caso la persona viene presa in carico direttamente da un infermiere, appositamente formato, entro 15 minuti. L’operatore inizia alcune manovre per mettere in una sorta di rete di sicurezza il paziente. Si va dal predisporre l’accesso venoso al monitoraggio tramite i monitor multifunzionali. E questo per prevenire eventuali complicanze. Si tratta del triage avanzato per pazienti critici. Una volta fatto questo, il medico può vedere il paziente entro 60 minuti, sempre casi critici permettendo», tiene a precisare Rossi.
Per i codici “verde” e “bianco” si applica il triage per pazienti non critici. «Per le priorità verdi, che cioè hanno un grado di sofferenza per cui non è opportuno che attendano troppo in Pronto soccorso, per la presenza di fragilità intrinseche come una malattia pregressa invalidante, c’è la possibilità, contemplata anche ora, di passare nei percorsi facilitati o Fast track. Per cui dopo il triage il paziente viene mandato dagli specialisti che chiudono la pratica medica», spiega Rossi. Poi ci sono i codici “bianchi”, cioè pazienti non a rischio in caso di attesa in reparto e che il primario di Feltre sottolinea «non sono sempre sinonimo di accesso inappropriato».
Cosa implica. «Il nuovo sistema aumenta la responsabilità degli infermieri che vanno formati. A livello aziendale esiste un’équipe che lo sta facendo. Praticamente l’infermiere triagista diventa il vero direttore d’orchestra del Pronto soccorso perché detta il ritmo del lavoro in base alle priorità assegnate. Ma il triagista, sia ben chiaro, non farà le diagnosi, che spettano solo al medico, ma quantificherà il rischio per il paziente. Rischio per il quale, come ospedale di Feltre, in via sperimentale stiamo verificando la possibilità di tradurre in numeri piuttosto che in colori: da 1 a 5 per indicare il grado di rischio e il tipo di presa in carico necessaria del paziente».
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