Alcologia, ad Auronzo riparte il servizio di day hospital

Dopo una sospensione di tre anni, l’attività unica in Veneto torna in Cadore grazie alla collaborazione con l’ospedale università di Padova

Il gruppo dell'Ulss 1 Dolomiti che si occuperà del servizio di Alcologia di Auronzo
Il gruppo dell'Ulss 1 Dolomiti che si occuperà del servizio di Alcologia di Auronzo

Riparte dopo tre anni di stop a causa del Covid e della carenza di personale, l’attività dell’alcologia di Auronzo.

Il commissario straordinario dell’Ulss 1 Dolomiti, Giuseppe Dal Ben l’aveva annunciato questa estate e adesso il progetto è diventato realtà.E questo grazie alla collaborazione e il supporto scientifico e umano dell’ospedale università di Padova. Attualmente il servizio sta selezionando le domande di chi chiede di poter usufruire del day hospital. Quando saranno raggiunti i numeri necessari partirà l’attività. 

I dati

Secondo i dati Passi riferiti al biennio 2022.-2023, in provincia di Belluno tra gli uomini over 18 consumatori di alcol, il 42,4% è consumatore a maggior rischio di sviluppare una dipendenza  contro una media regionale del 32,5%, mentre il 33,5% è costituito da bevitori binge cioè del fine settimana. Tra le donne, invece, le consumatrici a rischio sono il 27,6%  contro una media veneta del 22%, mentre le bevitrici binge sono il 17%. In totale in provincia, i consumatori di alcol a rischio di dipendenza sono il 35% tra gli uomini ma tra le donne sono il 25,3%. 

«Abusare di alcol», come ha sottolineato la direttrice dei servizi sociali, Paola Paludetti, «significa anche sviluppare malattie alcolcorrelate: nell’Ulss 1 Dolomiti muoiono per tumore al fegato 29,7 uomini ogni 100mila abitanti, contro una media del 17,7 in Veneto e 6,5 donne contro il 5,6 in Veneto. L’incidenza tra gli uomini è la più alta in tutto il Veneto almeno fino al 2022».

 

Il servizio

«Il day hospital alcologico di Auronzo», precisa la referente del Serd della provincia, Amalia Manzan, «è un servizio riabilitativo estensivo diurno basato sull’approccio ecologico-sociale ideato dal professor Hudolin e sulla comunità multifamiliare. Fa parte della rete alcologica in cui rientrano anche i club alcolisti territoriale e rappresenta un’esperienza unica nel panorama delle offerte terapeutiche sia in Veneto che in Italia».

Nato nel 1983 il servizio è stato sospeso nel 2021 a ridosso della pandemia da Covid e ha visto in questi anni il ricovero di 6.323 persone di cui 1981 dell’Ulss 1, 2.013 dal Veneto e 2.329 dall’Italia.

«La mia intenzione era quella di riavviare l’attività», ha precisato il commissario Dal Ben, «per questo da luglio abbiamo iniziato l’analisi della situazione, ad ottobre  abbiamo incontrato il direttore della Clinica Medica I e del dipartimento di Medicina dei sistemi dell’azienda ospedale dell’università di Padova, professor Paolo Simioni e insieme alla referente dell’Alcologia patavina, Erika Zola abbiamo messo a terra il progetto. Da qui poi a novembre abbiamo iniziato il reclutamento e la formazione del personale, per arrivare a dicembre appunto con l’avvio dell’attività».

 

Il personale

A gestire il day hospital saranno l’ex direttore dell’Alcologia Alfio De Sandre,  la consulente dell’Alcologia di Padova, Erika Zola, e il medico specializzando di Padova, Marco Zacchia. Il personale medico sarà affiancato da una psicologa Cristina Zaetta, da 5 infermieri coordinati da Martina Cassol, un’assistente sociale, un educatore, un Oss e un tecnico dlla riabilitazione psichiatrica.

Come funzionerà

Il day hospital  funzionerà dal lunedì alla domenica: nei giorni feriali dalle 7 alle 19 e nei festivi dalle 7 alle 13. Ci sarà la possibilità per i pazienti di restare anche a dormire pagando 14 euro a notte. «Tale ospitalità che noi consigliamo», precisa Manzan, «è funzionale al buon andamento del programma e alla continuità assistenziale. Nelle ore notturne e nei festivi la continuità assistenziale è garantita dalla supervisione dell’ospedale di comunità e del Punto di primo intervento dell’ospedale di Auronzo».

I pazienti, massimo 15 alla volta, resteranno ricoverati per 4 settimane, e saranno supportati nel percorso di cura dalle loro famiglie che vanno a costituire la cosiddetta comunità multifamiliare. «Durante gli incontri della comunità multifamiliare vengono affrontati i temi inerenti i problemi alcolcorrelati e le dinamiche familiari», sottolinea Manzan che evidenzia come la giornata all’interno del servizio è scandita da alcune attività mediche, infermieristiche, ma anche educative e formative oltre che psicologiche. 

«L’abuso di alcol non  è solo un problema di dipendenza, ma anche medico, e ancora di più sociale, per cui è importante sensibilizzare l’intera comunità su queste criticità», ha detto il professor Simioni che per la primavera  prossima intende organizzare nel Bellunese un convegno per portare all’attenzione questo problema. 

 

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