Alice espulsa dalle Far Oer e rispedita a casa
FELTRE. Sabato sera l’arrivo all’aeroporto Malpensa di Milano e l’abbraccio con la mamma. Alice Rusconi Bodin era stata arrestata il 12 agosto durante un’azione di pacifico disturbo per contrastare la mattanza dei goblicefali. La grindadrap, come viene chiamata sull’arcipelago danese, si svolge ogni anno da giugno fino a settembre. Condannata a 14 giorni di carcere o al pagamento di una multa di 3.350 euro, la 35enne è stata estradata giovedì sera dalle Isole Far Oer e imbarcata sul primo aereo per l’Italia. Per un anno l’attivista non potrà più tornare sull’isola ma è determinata: «Continuerò a salvare la vita di questi poveri animali indifesi».
Nella vita fa l’insegnante di pilates a Crespano e a Vicenza, Alice però ha ancora la voglia di lottare e rischiare il carcere per salvare centinaia di delfini e balene che ogni anno vengono massacrate nelle acque gelide dell’oceano del nord. La battaglia continua: «Certamente, la mia missione non finisce qui se dovessi avere la possibilità tornerei sulle Isole Far Oer. Quello che succede sulle coste dell’arcipelago è agghiacciante: un attimo prima è tutto tranquillo poi in pochi istanti si scatena l’inferno, fatto di arpioni, ganci e sangue, tantissimo sangue, quello dei delfini e delle balene, che infiamma di rosso l’oceano».
Alice racconta il giorno dell’arresto: «Con il resto del mio gruppo stavamo monitorando la spiaggia, a un certo punto ci è arrivato un segnale che era stato avvistato un gruppo di delfini, inizialmente ci avevano riferito che erano un centinaio, in pochissimo tempo i cacciatori si sono precipitati in acqua e hanno cercato di far arenare gli animali sulla spiaggia e così anche noi gli siamo corsi incontro ma i poliziotti e i cacciatori ci hanno bloccati, afferrati e trascinati sulla sabbia. Sono stata fermata dal capo cacciatore che si occupava della mattanza che mi ha messo un braccio dietro la schiena e dopo avermi buttata sulla sabbia a pancia in giù si è seduto sopra la mia schien».
Dopo l’arresto siete stati costretti, come in una sorta di punizione, gli attivisti sono stati costretti a guardare la mattanza: «Provavo rabbia tanto da non riuscire neppure a piangere. Guardavo la gente, le persone che vivono sull’isola, soprattutto i bambini che non capivano cosa stesse accadendo mentre i genitori gli spiegavano, quasi con orgoglio, che quella è una sorta di iniziazione alla vita adulta».
Finire in carcere era una possibilità: «È un rischio che mettiamo sempre in conto. Non ho voluto pagare la multa perché non riconosciamo le leggi dell’Isola e ho deciso di scontare i 14 giorni di carcere. Invece alla fine ci hanno tutti estradati anche gli altri compagni che erano stati arrestati con me quel giorno. Per marzo è atteso l’appello, ma dovrei chiedere un permesso speciale».(v.m.)
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