Alla Dolomitibus mancano autisti: arrivano dal sud ma si fermano poco
Sempre più difficile trovare autisti di mezzi pesanti, dai pullman ai camion. Costi troppo elevati e stipendi contenuti non fanno di questa una professione a cui mirare.
Ne sa qualcosa anche Dolomitibus che da un paio d’anni sta cercando, con ogni mezzo, di coprire i 40 posti lasciati liberi da altrettanti dipendenti che o sono andati in pensione approfittando anche degli incentivi messi a disposizione dal governo, o semplicemente hanno deciso di lasciare la società per cercare un impiego altrove. A poco sono serviti gli appelli e le iniziative messe in atto, come quella che invitava ciascun autista a “portare in azienda un amico”. Pian piano le carenze sono state in parte colmate soprattutto da personale proveniente da fuori regione. E oggi sono una quindicina gli incarichi ancora vacanti. «Il problema è che quelli che vengono da fuori non vogliono restare qui, in questa provincia. Vivere in montagna non è semplice, è duro, ed abituarsi, specialmente per chi proviene da località balneari, diventa molto difficile», precisa il rappresentante sindacale della Faisa Cisal, Fabio Mosca.
«Gli autisti in Dolomitibus sono circa 160 a pieno regime, mentre oggi ne mancano all’appello 15», prosegue l’rsu. «Si tratta di un numero adeguato per poter garantire tutti i turni: si pensi che soltanto per servire il capoluogo sono impegnati 55 autisti», precisa Mosca che poi aggiunge: «Il nostro contratto prevede sei ore e mezza di lavoro, ma per poterle fare, visti anche i numeri ridotti di corse, un autista è costretto a rimanere fuori casa anche 12-13 ore al giorno. Inoltre, per ottenere la patente e la carta di qualificazione conducente si deve seguire un corso di 280 ore il cui costo si aggira oggi sui 6-7mila euro, mentre qualche anno fa con 1.500 euro portavi a casa tutto quanto. Una cifra molto elevata che magari un ragazzo di vent’anni non può possedere ancora. Senza poi contare che dopo aver speso questa somma, alla fine uno andrà a percepire al mese lo stipendio di 1.100-1.200 euro».
Per il rappresentante sindacale la situazione, già di per sè complicata, lo diventa ancora di più «se si pensa che i bellunesi non intendono fare questo lavoro. Infatti, nelle ultime assunzioni si sono visti pochissimi autisti del posto. La maggior parte viene invece dal Sud Italia, da Sicilia, Campania, Puglia. Una volta arrivati quassù tra le Dolomiti, però, si accorgono che la vita è difficile. La permanenza qui può essere accettabile se uno trova una collocazione a Belluno o a Feltre, ma per quelli che stanno a Calalzo, Agordo o in altre zone della parte alta della provincia, finita la giornata di lavoro, diventa difficile trovare il modo di impegnare il tempo libero, se mancano servizi, locali ed altro».
Resta anche il problema del reperimento dell’alloggio adeguato.
«Le uniche disponibilità sembrano essere il Nevegal o case tenute non troppo bene e gli affitti sono piuttosto elevati», spiega ancora Fabio Mosca che aggiunge: «Quindi dopo qualche tempo questi ragazzi se ne vanno. Qualcuno assegnato allo Zoldano, dopo un giorno di neve, si è licenziato perché non ce la faceva. Lasciata questa azienda, molti cercano le grandi città come Milano dove le sei ore di turno sono nette, non ci sono tempi morti e hanno molte più occasioni per organizzarsi il tempo libero». Mosca, per venire incontro alle esigenze abitative dei suoi colleghi, si sta dando da fare per ottenere degli accordi con alcune agenzie immobiliari per agevolare i nuovi arrivati così da avere il quadro delle disponibilità. «Ma siamo ancora in fase di trattativa». —
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