Alla festa dei Veneti nel mondo, il cardinale Parolin: «Accoglienza ma l’afflusso va regolato»

Il Segretario di Stato ha parlato degli immigrati, ma senza afflati leghisti: «Aiutiamoli a casa loro come per secoli hanno fatto i missionari»
Allegranzi Cansiglio Messa e premiazioni Trevigiani nel mondo
Allegranzi Cansiglio Messa e premiazioni Trevigiani nel mondo

CANSIGLIO. No, nessun afflato leghista, ma realista. Aiutiamoli a casa loro. Come per secoli hanno fatto i missionari: chiediamolo al bellunese don Luigi Canal. Disinteressatamente, quindi, perché i loro Paesi non ripiombino nel sottosviluppo e, di conseguenza, origino guerre e carestie, dunque nuove migrazioni. Il braccio destro di Papa Francesco, il card. Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, è salito sull’altopiano del Cansiglio per dirlo ai 2000 “Veneti nel mondo”, in rappresentanza di un popolo di 5 milioni, radunati dall’associazione “Aitim”, al presidente della Regione Luca Zaia, agli assessori Lanzarin e Caner, ai parlamentari Puppato e Conte, al consigliere regionale Gidoni, ad una trentina di sindaci, all’ex direttore dell’Abm, Patrizio De Martin e ad altri dirigenti dell’associazione. Parolin, portando la benedizione di Papa Francesco e dopo aver ricordato “l’epopea” dell’emigrazione veneta, ha invitato a non dimenticare che tanti immigrati fuggono da morte sicura e questo – ha detto – è un motivo in più per considerarli nostri fratelli. «Noi veneti lo sappiamo bene perché anche noi lo siamo stati» . Il numero 2 del Vaticano ha quindi raccomandato accoglienza, capacità di vedere nell’altro in primo luogo non un pericolo, ma una persona, con cui entrare in dialogo, superando pregiudizi e paure. Ma – ha puntualizzato Parolin con tono severo – «a questa generosità deve corrispondere un’azione efficace e solerte per governare e regolare il fenomeno, perché esso non può essere affidato solo alla generosità e al buon cuore dei singoli». Assentono numerosi sindaci. Lo fa anche Zaia. Ma ecco che il Segretario di Stato avanza la proposta che inchioda critici e buonisti. «Occorre compiere ogni sforzo per coniugare il dovere primario dell’accoglienza con quello di un’incisiva e coordinata azione volta a regolare il fenomeno, in modo che la generosa accoglienza possa trasformarsi in integrazione senza generare gravi squilibri». Non solo, si avverte anche la necessità di una concertata azione degli Stati negli organismi internazionali in grado di incidere sulle cause profonde di questo fenomeno intricatissimo e permettere agli Stati di provenienza di uscire da condizioni di miseria che offendono la dignità umana. E se qualcuno non ha inteso. Parolin torna alla carica. «Come ha detto il Santo Padre Francesco, la solidarietà, la cooperazione, l’interdipendenza internazionale e l’equa distribuzione dei beni della terra sono elementi fondamentali per operare in profondità e con incisività soprattutto nelle aree di partenza dei flussi migratori». Insomma, «la carità dei singoli, delle associazioni e della Chiesa va posta in sinergia con le iniziative dei pubblici poteri volte a creare le condizioni per un flusso migratorio ordinato, il cui carico non rimanga sulle spalle di pochi Paesi, in modo da accogliere con dignità chi fugge dalla disperazione e fermare nel medesimo tempo i trafficanti di essere umani». Zaia ha ascoltato attentamente. E nelle parole del più stretto collaboratore di Francesco ha colto, come dirà, accenti diversi da quelli di qualche vescovo. Aiutarli a casa loro, precisa, è una sfida per accompagnarli, non per abbandonarli. Poi, da parte del governatore, anche un appello: votare sì al referendum sull’autonomia, anzitutto partecipando al voto. «Non chiamiamoli più emigrati veneti: è riduttivo», acclama, infine, fra gli applausi. «Chiamiamoli, con orgoglio e riconoscenza, Veneti nel Mondo, perché è grazie a loro che il Veneto è diventato quello che è oggi ed è grazie a loro che ogni volta che andiamo all’estero lo facciamo a testa alta, perché i Veneti nel Mondo sono la nostra prima bandiera che sventola nei cinque continenti».

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