Allarme da Rocca Pietore: «Qualcuno vuole mettere vincoli alla ricostruzione»

Il direttore dell’emergenza Dell’Acqua si è rivolto a Borrelli durante la cerimonia per il primo anniversario di Vaia

ROCCA PIETORE

«C’è qualcuno a Roma, che va al di là del ministero dell’Ambiente, che vuole mettere dei vincoli su questo territorio che potrebbero essere di ostacolo alla ricostruzione. Questa è gente che non conosce la montagna». Al termine del suo intervento dal palco del tendone di Boscoverde, Nicola Dell’Acqua, direttore per l’emergenza della Regione, si è rivolto direttamente al capo della protezione civile nazionale, Angelo Borrelli, per lanciare il suo «grido di allarme da far arrivare alla presidenza del consiglio».

Un passaggio, quello dedicato ai problemi della ricostruzione, al quale Dell’Acqua, nell’ultimo dei sei interventi del pomeriggio organizzato dal Comune di Rocca Pietore per il primo anniversario di Vaia, è arrivato dopo aver ricordato cosa sia stata l’alluvione. «Nel mio Veneto – ha detto – ho visto una macchina perfetta nelle previsioni, nella non sottovalutazione delle stesse con l’assessore Bottacin che ha creduto a quello che gli è stato detto e ha fatto quello che doveva. Se non ci sono stati tanti morti, lo dobbiamo alla fiducia che i veneti hanno avuto verso chi li governa».

Ora Dell’Acqua, dopo aver ricordato i 970 contratti stipulati in quattro mesi con i 360 milioni di euro di fondi, ha chiesto di fare lo stesso anche per quanto riguarda la ricostruzione (30 milioni i metri cubi di materiale da togliere dai torrenti).

«Non abbiamo illuso nessuno – ha sottolineato – avevamo detto che per raccogliere gli alberi e sostituire i paravalanghe occorrevano due anni. Chiediamo pazienza: ci avete creduto quando vi abbiamo detto di stare in casa, ora vi chiediamo di fare lo stesso». Ecco, però, che per far sì che le promesse vengano mantenute, Dell’Acqua ha tirato in ballo Roma.

«Non possiamo avere un paese in cui c’è qualcuno che fa le leggi e qualcuno che per fare i lavori fa le deroghe – ha attaccato – ho sentito parlare di obbligatorietà dell’ingegneria per gli argini e per il rifacimento e la messa in sicurezza idraulica. Questa è gente che non conosce la montagna». Prima di lui sotto il tendone acquistato con parte delle donazioni post-Vaia, e con gli intermezzi di tre video rievocativi, avevano parlato il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin, l’assessore regionale, Gianpaolo Bottacin, il capo nazionale dei vigili del fuoco, Fabio Dattilo, il generale di corpo d’armata comandante delle forze operative nord, Amedeo Sperotto, e il capo della protezione civile nazionale, Angelo Borrelli.

Lo hanno fatto davanti a un pubblico composto in gran parte dalle autorità (dei sindaci agordini, ad eccezione di Giocondo Dalle Feste, erano presenti solo quelli del medio-alto Cordevole e di area centro-destra) e dagli uomini della macchina dei soccorsi dei difficili giorni di un anno fa. Scarsa, invece, la partecipazione della popolazione. Ma proprio la cittadinanza è stata elogiata da Borrelli.

«La protezione civile siamo tutti quanti noi – ha detto – con il lavoro di squadra un anno fa siamo riusciti a prevedere quello che si stava verificando e siamo riusciti a intervenire anche per la capacità della Regione di chiedere la mobilitazione delle colonne mobili delle altre Regioni. Alle sei di sera mi era stato detto che non si riusciva ad avere notizie da alcune zone del Bellunese. In poche ore abbiamo messo in campo oltre 20 mila uomini».

Anche Borrelli, che ha ricordato i 150 eventi che hanno provocato danni e i 30 morti registrati in Italia dall’inizio dell’anno, ha però guardato al futuro. «Stiamo lavorando per migliorare la capacità di prevenzione di questi eventi e per creare una piattaforma nazionale di allerta che ci consentirà di arrivare direttamente alla popolazione affinché adotti misure di autoprotezione. Inoltre, lo hanno detto anche i sindaci dell’Alessandrino, servono normative che permettano di intervenire in tempo di pace per pulire e tagliare gli alberi negli alvei. Se rimaniamo inerti la natura si porta via quello che abbiamo realizzato».

In precedenza Dattilo aveva invece evidenziato la grande prova offerta dai soccorsi in quello che Franco Magrin al telefono gli aveva detto essere “un’alluvione che somiglia a un terremoto”. «Ci sono momenti in cui si diventa più di amici, perché si condivide una sciagura in cui ci si sente responsabili nel dare risposte. Si perde la rivalità fra i colori delle divise, conta solo salvaguardare la gente. Con Magrin siamo stati in Albania e in Kosovo, abbiamo visto la guerra. Questa alluvione mi ha dato qualcosa in più: la gente che si è rimboccata le maniche che diceva: “Dobbiamo fare in fretta perché poi nevica”. —
 

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