Allarme di Barbante sul clima che cambia: ormai siamo davanti a una crisi conclamata

Lo scienziato feltrino fa il punto sui rischi per l’ambiente montano. «Aumentano eventi piovosi e siccità, in pericolo i nostri fiumi»
Raffaele Scottini

FELTRE. «Fino a qualche anno fa si parlava di cambiamento, adesso però vista l’accelerazione cominciamo tutti a parlare di una crisi climatica vera e propria». Parte da questo presupposto Carlo Barbante, direttore dell’istituto di scienze polari del Cnr, docente all’università Ca’ Foscari di Venezia e feltrino doc, che si occupa da anni di ricostruzioni climatiche ed ambientali. Barbante sarà tra i relatori, domani all’istituto canossiano, dell’incontro “Il clima cambia, la montagna risponde”.

«Le aree montane sono in prima linea», dice lo scienziato feltrino difensore del clima. Che aggiunge: «Uno degli effetti più importanti che abbiamo visto è l’estremizzazione degli eventi, cioè aumenta la frequenza degli eventi sopratutto piovosi, ma anche secchi, importanti. Quindi non piove per lunghi periodi e poi nel giro di pochi giorni cadono enormi quantità d’acqua. Questo comporta effetti molto seri sulla resistenza dei nostri fiumi e degli effetti a cascata che abbiamo visto ad esempio con la tempesta Vaia».

Come può rispondere la montagna a tutto questo?

«A livello globale le strategie da mettere in atto sono legate alla mitigazione, quindi cercare di ridurre le emissioni di gas serra, che sono responsabili dell’innalzamento della temperatura. A livello più locale l’adattamento è essenziale. Vuol dire prepararsi a quello che sta accadendo, quindi tutte le comunità devono essere pronte. Sto pensando ai bacini di laminazione, alle briglie per i torrenti, evitare di costruire in zone potenzialmente a rischio. Tutte queste sono attività che aiutano a far fronte agli eventi che saranno via via sempre più estremi».

Come si presenta il territorio bellunese in questo panorama?

«Abbiamo delle zone che sono letteralmente a rischio, lo abbiamo visto nel 2018 quando Vaia a messo a nudo tutte le nostre criticità. Ma ha fatto emergere anche le nostre eccellenze, ad esempio sulla previsione. Una delle cose che ha funzionato bene è stato l’aspetto previsionale di quell’evento veramente catastrofico, che avrebbe potuto costarci molto di più. Ma la prevenzione è stata ottimale, a livello di previsione meteo-climatica, di Protezione civile, di Comuni. Questa è una cosa che ha funzionato bene. Del resto un evento del genere era così importante che le aste fluviali sono state messe sotto grande stress, dall’Agordino, alla Val Fiorentina, al Feltrino».

Quale lezione ci ha lasciato?

«Dobbiamo aspettarci eventi estremi con forti precipitazioni e forti raffiche di vento. Sono eventi che avverranno purtroppo con maggior frequenza, lo sappiamo e dobbiamo quindi essere pronti a fronteggiarli».

Ci sono zone che preoccupano di più? 

«Le aree montane sono tutte ad alto rischio. In alcune zone sono stati fatti sistemi protettivi, bacini di laminazione o altro, ma dove c’è un torrente e ci sono precipitazioni importanti, è chiaro che questo è sotto forte stress. Comunque si sta lavorando molto, anche a livello provinciale, per mettere in sicurezza uno alla volta i punti più critici».

I nostri ghiacciai sono i primi testimoni del cambiamento globale.

«Reagiscono in maniera molto rapida, essendo fatti di acqua solida ovviamente hanno una fusione molto rapida e questo comporta, oltre alla perdita della risorsa acqua, anche uno sconvolgimento molto spesso legato agli assetti idrogeologici dei nostri territori. Il ghiacciaio della Marmolada ha perso l’80 per cento della massa nel giro di ottant’anni. È una sentinella del cambiamento climatico. I ghiacciai di alta quota, a 4 mila metri, andranno a sparire entro la fine del secolo. La Marmolada a questi ritmi molto prima».

Qual è il messaggio che si vuole cercare di trasmettere?

«Quello legato all’adattamento. Ormai il cambiamento climatico è in atto. Alcuni punti di non ritorno sono stati già raggiunti, quindi è bene che il nostro sistema, a partire dalle piccole comunità, pensi a delle soluzioni di adattamento che facciano fronte a questo forte cambiamento. Cioè la tutela dell’ambiente, la manutenzione continua degli alvei fluviali, piuttosto che dei boschi e così via. Sono tutte cose che ci consentono di diminuire un po’ l’impatto che è in corso e che avverrà sempre più violento. Ormai parliamo proprio di crisi climatica e una crisi va affrontata con mezzi estremi».

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