Allarme rabbia nel BelluneseAdesso colpisce anche i gatti

Trovato un animale morto a Pedavena. Ora si procederà alla vaccinazione
PEDAVENA.
Il virus della rabbia viaggia in quota. Dopo le volpi a Sovramonte, l’altro giorno si è riscontrata la positività al virus in un gatto, ritrovato morto in località Valerne a Pedavena. L’équipe veterinaria del dipartimento di prevenzione dell’Usl 2 si è riunita all’istituto zooprofilattico di Belluno con esperti di settore delle Tre Venezie. La prescrizione è quella di vaccinare il maggior numero possibile di gatti domestici. A preoccupare sono le colonie feline, che solo nel territorio Usl 2 risultano essere una cinquantina.

 La campagna di sensibilizzazione nei confronti di chi ha gatti in casa assumerà dunque i toni di un battage, mentre sul versante della profilassi fra i gatti randagi, aggregati in una cinquantina di colonie fra piccole e grandi, sparse sul territorio dell’Usl 2, il servizio veterinario procederà a fasi successive con l’obiettivo di vaccinare il maggior numero di felini. Nonostante ieri fossero presenti in provincia di Belluno esperti dell’istituto zooprofilattico delle Tre Venezie, la positività al virus in un solo gatto fa parte dell’epidemia in corso e non deve destare panico. Lo stesso Luigi Cazzola, direttore del dipartimento di prevenzione dell’Usl 2, tiene a precisare che il felino, contrariamente al cane e ad altre specie animali come volpe e capriolo, non è serbatoio di rabbia. «Questo però non ci deve far abbassare la guardia», ha detto Cazzola che, su indicazioni della Regione, promuoverà nel territorio di competenza il battage informativo: i gatti domestici, quelli a contatto quotidiano con l’uomo e la sua casa, devono essere vaccinati.

 Per le colonie, invece, il discorso si fa ben più complesso e si attendono indicazioni regionali in materia. «Il gatto randagio è difficilmente catturabile», spiega Pierangelo Sponga, veterinario specializzato in etologia e comportamento animale. «E’ più efficace informare le persone e mettere in guardia i bambini affinché non avvicinino gatti sconosciuti che magari presentano qualche anomalia nella deambulazione o qualche altro segnale di malessere».

 Qualche gatto che muore colpito dal virus quando è in corso l’epidemia, insomma, è da mettere in conto. Ma il problema non è da sottovalutare, in un contesto di diffusione della malattia, anche se il felino non è serbatoio. Di questo si è dimostrato consapevole da subito il sindaco di Sovramonte, Armando Scalet, che dopo i casi di positività al virus tra animali serbatoio, riscontrati nel territorio di sua competenza, ha collaborato strettamente con il dipartimento di prevenzione, segnalando situazioni di semirandagismo felino. «Ci sono alcuni casi in cui non è che il gatto sia maltrattato», spiega il sindaco. «Il problema è che i padroni, magari persone anziane, perdono il controllo sulla riproduzione perché gli animali non sono sterilizzati. Così da uno se ne ritrovano cento, per modo di dire, e non gestiscono più quella che diventa una colonia. So che alcuni maschi sono stati sterilizzati. Ma i conti non tornano facilmente».

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