Allarme riciclaggio, a Belluno aumento di quasi il 500%

In cinque anni, dal 2009 al 2014 le operazioni sospette di denaro sono passate da 25 a 143, complice anche la crisi
Una macchina contabanconote con banconote da 50 euro in una banca, Pisa, primo dicembre 2011. ANSA/FRANCO SILVI
Una macchina contabanconote con banconote da 50 euro in una banca, Pisa, primo dicembre 2011. ANSA/FRANCO SILVI

BELLUNO. Quasi quintuplicate in cinque anni le operazioni sospette di denaro in provincia di Belluno. Pur con numeri relativamente bassi, il dossier della Banca d’Italia evidenzia che nel territorio provinciale dal 2009 al 2014 le operazioni sospette di riciclaggio sono passate da 25 a 143, praticamente il 472% in più.

L’allarme criminalità organizzata in Veneto e in provincia di Belluno si sta alzando sempre di più, come emerge dallo studio nato elaborando i dati inviati dagli istituti di credito della Regione.

A detenere il primato è la provincia di Padova, passata dalle 281 operazioni sospette del 2009 alle 1.375 del 2014, con un vero e proprio boom di aumento.

Al secondo posto c’è Verona con 1.082 operazioni, seguita da Vicenza (923), Treviso (954), Venezia (932), Rovigo (214). Il dato complessivo del Veneto è passato dalle 1.244 segnalazioni del 2009 alle 5.623 del 2014.

In provincia di Belluno, questi sospetti comportamenti illegali hanno avuto un’impennata proprio con la crisi e si potrebbe dire proporzionalmente all’acuirsi della stagnazione economico-finanziaria. Infatti si è passati negli anni ad un aumento graduale delle operazioni sospette di riciclaggio con l’impennata registrata nel 2012 quando si è arrivati a 105, dato poi via via cresciuto. Questo significa che aziende e società si sono trovate in difficoltà tale da ricorrere a queste azioni.

«Purtroppo questi dati confermano che negli anni passati il fenomeno è stato sottovalutato se non ignorato», denuncia Alessandro Naccarato, deputato del Pd e componente della Commissione Antimafia, nel presentare la relazione semestrale sulla criminalità organizzata in Veneto per il Forum Sicurezza del Pd regionale. «L’allarme - spiega Naccarato - è rimasto a lungo inascoltato e per anni i gruppi criminali hanno operato introducendosi nel tessuto economico veneto. Per almeno 20 anni gran parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica ha escluso la presenza della mafia in Veneto perché cercava segnali di estorsioni o di azioni violente e non si interrogava sulla provenienza di ingenti risorse che hanno sostenuto operazioni immobiliari e imprenditoriali improbabili».

L’analisi di Naccaro, inoltre, conferma che «la criminalità organizzata è entrata nell’economia legale in modo silenzioso e regolare senza farsi individuare, evitando il controllo militare del territorio e, in genere, il ricorso alla violenza. Alcuni imprenditori, con il concorso di dirigenti di banca e professionisti, e associazioni criminali hanno incrociato reciproci interessi: i primi hanno cercato aiuto, facili guadagni o, acquirenti in grado di rilevare le attività; i secondi, mimetizzando le proprie caratteristiche criminali, hanno investito risorse nell’economia legale».

La relazione sottolinea come la crisi economica abbia favorito le attività già in atto dei gruppi criminali. Imprenditori hanno cercato o hanno accettato le risorse dei gruppi criminali. Importanti banche hanno sostenuto operazioni finanziarie di soggetti vicini al crimine organizzato senza approfondire la provenienza delle risorse. Professionisti hanno partecipato alla costituzione di società seguendo gli interessi di persone legate alle associazioni mafiose.

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