Allunga le mani al lavoro, condannato

Dieci mesi di reclusione e 8 mila euro di risarcimento alla collega palpeggiata. Nei guai il fratello di lui

PIEVE DI CADORE. Palpeggiata in occhialeria. La tentata violenza sessuale su una collega di lavoro costa a un operaio cadorino una condanna a 10 mesi di reclusione e 8 mila euro di risarcimento danni, accanto al pagamento delle spese processuali e a quelle di costituzione di parte civile. E il fratello dell’imputato rischia di finire a sua volta a processo, ma per falsa testimonianza, dal momento che potrebbe aver reso una deposizione non veritiera dopo aver prestato giuramento.

La donna è stata creduta, nonostante nessuno avesse visto quello che era successo il 2 aprile di tre anni fa (i due colleghi si trovavano vicino a un ascensore al di fuori della visuale di tutti i lavoratori). L’imputato ha preferito non dire niente ai giudici Coniglio, Scolozzi e Cittolin e al pm Marcon, dopo che il procedimento disciplinare in azienda non gli aveva provocato conseguenze.

L’accusa aveva chiesto proprio dieci mesi, invocando l’ipotesi più lieve del reato previsto dall’articolo 609 bis e il legale di parte civile Costan aveva aggiunto 15 mila euro di risarcimento. Quelli accordati sono stati concessi in via equitativa.

Non c’era astio tra i due e non si può parlare di una vendetta da parte della donna, che è finita al Pronto soccorso per delle crisi di ansia. Stava aspettando di salire al piano superiore, quando l'imputato sarebbe arrivato da dietro e l'avrebbe afferrata sopra la vita, prendendole la mano sinistra e cercando di farsi toccare nelle parti intime, accompagnando tutto questo con frasi in dialetto sulla sua virilità, in confronto a quella del fidanzato. Lei ha cercato di proteggersi il seno con le braccia.

Il difensore Mauro Gasperin ha provato a demolire la credibilità della parte offesa, mettendo in evidenza le contraddizioni della sua versione e sottolineando come nessuno abbia visto né sentito niente, malgrado l’aggressione sia durata cinque minuti, tuttavia i giudici l’hanno valutata assolutamente logica e in linea con la querela presentata a suo tempo, arrivando a una sentenza di condanna e alla trasmissione degli atti in procura per il fratello dell’imputato.

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