Alpago e Val di Zoldo più grandi ed efficienti
BELLUNO. Lungo i due chilometri di rettilineo che entra in Alpago la strada si restringe improvvisamente. In quel punto c’è il confine tra i comuni di Farra e di Puos e quel piccolo imbuto è il simbolo di qualcosa che non succederà più. Non in Alpago, nè in Zoldo, dove i cittadini hanno detto sì alla fusione dei loro comuni. Come già avevano fatto gli abitanti di Quero e Vas nel 2013 e di Longarone e Castellavazzo nel 2014, anche gli elettori chiamati alle urne domenica hanno dimostrato che i campanili e le tradizioni locali sono importanti, ma mai quanto l’efficienza dei servizi. Di più: il voto dell’Alpago, che ha ribaltato l’esito del 2001, dimostra anche che la nuova generazione è matura per vivere in montagna con una mentalità moderna e aperta, perché solo così si può costruire un futuro.
Il referendum di domenica non è privo di vittime: i sindaci di Tambre e di Chies d’Alpago (che pure nel 2001 si espresse per il sì) dovranno faticare per spiegare ai loro cittadini perché non hanno potuto votare; così come il sindaco di Zoppè di Cadore che però ha solo 226 abitanti ai quali rispondere.
I detrattori ovviamente non sono degli irresponsabili, avevano dei motivi per rifiutare di indire i referendum e sono fondamentalmente economici, ma il caso di Farra dimostra che non tutto è per sempre, visto che le entrate della cava sono calate di molto con la crisi dell’edilizia. Del resto le ragioni economiche, oltre a una migliore organizzazione dei servizi e alla necessità di una programmazione su vasta scala, sono quelle che hanno convinto anche i cinque sindaci referendari a lasciare la poltrona nel nome della democrazia.
Niente patto di stabilità, possibilità di nuove assunzioni, incentivi e finanziamenti a fondo perduto (tra l’altro appena aumentati dal governo) garantiranno ai comuni di Alpago e Val di Zoldo un prossimo futuro più ricco. Tutto questo gli elettori lo hanno capito, in maniera molto chiara visto l’esito del voto, ma forse per la prima volta si sono anche guardati da fuori, riconoscendo che la principale forza di entrambi i territori referendari sta nel brand: per gli appassionati di sci e di montagna in generale esiste una Val di Zoldo e per chi ama la Conca con il suo lago, la cucina raffinata e vette che offrono di tutto dal parapendio allo sci alpinismo, l’Alpago è una cosa sola.
Ai cinque sindaci va riconosciuta anche la lungimiranza di aver scelto di governare un processo inevitabile, anziché subirlo quasi certamente a breve. Zoppè, Ospitale di Cadore (295 abitanti), Soverzene (403), San Nicolò Comelico (398), Perarolo (380), Danta (489), Colle Santa Lucia (371) e Cibiana (408) sono piccolissime realtà che rischiano azioni d’imperio e magari con minori incentivi, perché l’unione dei servizi ha già dimostrato di non bastare. Da più parti, però, si pensa che non solo i piccoli si debbano fondere, ma anche i medio grandi, come i comuni della Valbelluna che uniti potrebbero assumere un peso assolutamente inedito.
Le esperienze già percorse e i progetti di fattibilità dell’Alpago (il primo grande evento sotto questo nome sarà la tappa del Giro d’Italia) e della Val di Zoldo (quest’ultimo particolarmente elaborato e completo) dimostrano che le abitudini quotidiane non cambieranno: i servizi verranno potenziati, i municipi non più sede di Comune rimarranno operativi come uffici decentrati e nessun dipendente rimarrà senza lavoro.
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