«Altre infrastrutture possono danneggiare le Dolomiti Unesco»
CORTINA. La Fondazione Dolomiti Unesco non dice di no alla candidatura per il 2026. Anche perché nessun impianto ricade nel territorio protetto, sotto tutela. D’altra parte – si fa osservare nella sede di Cortina – la Fondazione è diretta da un Cda dove sono presenti le Province. E se Bolzano ha detto un ni e se Trento probabilmente manifesterà la stessa cautela, Belluno ha detto un rotondo sì, come la Regione Veneto.
Attenzione, però. La “pagella” dello Iucn, l’organismo internazionale che dà i voti ai siti, valutandoli in fase di presentazione della candidatura e redigendo rapporti periodici sul loro stato di conservazione è si positiva, ma evidenzia che ci sono alcuni motivi di preoccupazione per le aree a più alto impatto turistico. E quali sono, queste aree? Quelle attraversate dagli impianti sciistici.
«Le Dolomiti», scrivono dallo Iucn, «sono una meta turistica molto importante all’interno delle Alpi. Il numero attuale di visitatori nella regione delle Dolomiti è stimato in 10 milioni all’anno (dati Italia, 2017). Importanti le infrastrutture turistiche circondano i sistemi che compongono il sito. Le strutture e le attività turistiche sono al limite della tolleranza per un sito Patrimonio naturale dell’Umanità in alcuni dei componenti del Sito (ad esempio Marmolada, sistema 2 e Tre Cime, parte del sistema 5). Anche le infrastrutture turistiche hanno impatti significativi all’interno della zona cuscinetto. Un ulteriore sviluppo infrastrutturale può avere un alto potenziale di impatto sul paesaggio e sulla bellezza superlativa del sito, nonché sulla sua biodiversità”.
Non è improbabile che il presidente Kompatscher di Bolzano, o chi per lui, abbia letto il rapporto steso in inglese. «È stato apprezzato lo sforzo fatto nello sviluppo di questo laboratorio di gestione a rete, al quale Unesco guarda con grande attenzione», commenta il direttore della Fondazione Dolomiti Unesco Marcella Morandini, «certo, un sito così complesso come quello dolomitico, pone delle sfide molto impegnative, che vanno calibrate anche con una certa dose di mediazione».
È comunque positivo per Morandini il fatto che, a partire proprio dall’esperienza della Fondazione, le Province condividano la concertazione, ascoltandosi, magari anche facendo un passo a lato, se non proprio indietro, e insieme – fa notare la direttrice – si ritrovino nell’intendo di tutelare un patrimonio così fragile e al tempo stesso così importante.
I rappresentanti dell’Iucn e di alcuni siti Unesco provenienti da tutto il mondo si sono riuniti nei giorni scorsi a Cortina. «Il risvolto economico del riconoscimento Unesco è stato uno dei temi maggiormente discussi anche a livello locale, per quanto riguarda i nove sistemi dolomitici. La tutela delle Dolomiti può certo portare vantaggi perché permette di preservarne l’appeal turistico, ma non bisogna dimenticare», ha raccomandato Morandini, «il valore dei cosiddetti “servizi ecosistemici”, ovvero di tutti quei servizi che solo un ambiente adeguatamente gestito è in grado di offrire, come il ciclo dell’acqua o la produzione di cibo».
Questo l’oggetto del workshop, organizzato a Cortina. Un esempio eclatante è quello portato da Irina Zupan, dell’Agenzia Croata per l’Ambiente e la Natura. «I risultati di uno studio nella riserva Mab Unesco di Lonjsko Polje», ha spiegato, «hanno dimostrato che, se non ci fossero più le aree alluvionali naturali, lo Stato dovrebbe investire circa 2 miliardi di dollari per la costruzione di dighe ed altre infrastrutture, per prevenire eventuali danni alluvionali nella stessa zona». «Soltanto quando il Bene è conservato le comunità possono trarne beneficio. Se distruggiamo il valore del Bene non c’è più turismo», ha aggiunto Elena Osipova, dell’Iucn. Ed ecco spiegate le titubanze per le Olimpiadi all’ombra delle Dolomiti Unesco.
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