Alzheimer e demenza, è allarme in provincia
BELLUNO. Crescono i bellunesi colpiti da Allzheimer. Un dato preoccupante, destinato ad aumentare di anno in anno, visto che la malattia è direttamente collegata all’invecchiamento della popolazione. E si sa, la provincia di Belluno è la più “vecchia” del Veneto. Parliamo di una malattia invalidante, difficile da gestire, se una famiglia non si fa affiancare dai servizi sociali e sanitari presenti sul territorio, chiedendo aiuto.
I numeri della malattia. Nell’Usl 1 è presente dal 2007 il progetto Alzheimer (finanziato dalla Fondazione Cariverona insieme all’Usl 1 e ai Comuni di Belluno e Ponte), che ha visto ad oggi giungere al centralino del numero verde (800 001 670) dedicato per le emergenze, 595 chiamate, con conseguenti prese in carico di 412 persone; gli interventi dell’équipe sia a domicilio che con le consulenze telefoniche sono state complessivamente 1.600.
I dati li fornisce, nell’ambito della 20ª giornata mondiale dell’Alzheimer, Maria Chiara Santin, direttrice della Sersa spa, la società di servizi sociali del Comune di Belluno, dove ha sede la centrale del progetto.
«Il servizio, nato per rispondere ai bisogni delle famiglie che assistono a domicilio persone con demenza, era nato esclusivamente per Belluno e Ponte nelle Alpi, ma ormai è stato esteso a tutto il territorio dell’Usl e anche nel Feltrino», precisa Santin, «soprattutto per quanto riguarda la formazione delle figure professionali dei centri servizi e del territorio, oltre che dei familiari».
I servizi territoriali ci sono. Il progetto, attraverso colloqui telefonici, consulenze in sede e a domicilio, corsi di formazione individuali e di gruppo e sostegno individuale, aiuta il familiare a capire e ad approfondire la conoscenza della malattia, la sua evoluzione, come possono essere affrontati i diversi problemi che si presentano nella quotidianità e individua e orienta verso i servizi presenti sul territori. «Dal 2008 a oggi abbiamo eseguito 1600 interventi: 224 a domicilio, 570 in sede, cioè con ricovero, colloqui o visite in sede, e 800 consulenze telefoniche. Le famiglie ci chiamano, però, quando ormai stanno per scoppiare. Ed è sbagliato, perché i servizi ci sono per dare loro un po’ di sollievo e una mano: serve che le famiglie si facciano vive con maggiore tempestività e chiedano aiuto subito per poter intervenire e avviare al più presto dei percorsi terapeutici per il paziente e di sostegno per i familiari», spiega Santin. «Per le situazioni di emergenza abbiamo a disposizione due posti letto garantiti per ricoveri di 15 giorni alla Gaggia Lante e così al centro diurno di Ponte nelle Alpi. Esiste, poi, il buono sollievo, che va dai 300 ai 600 euro a persona e viene fissato partendo dal progetto assistenziale individuale, redatto dall’équipe del progetto, in collaborazione con quella territoriale. Ma col progetto anche i familiari hanno necessità di essere formati per far fronte a una situazione che coinvolge a 360 gradi una famiglia. Il nostro scopo è quello di tenere a casa il più possibile questi malati, sostenendo, però, la famiglia. Per questo ci sono anche i gruppi di mutuo aiuto (Ama), costituiti in associazione nel 2008 a Belluno e formati da persone che hanno un familiare affetto da demenza. È un percorso importante, presente a Cavarzano, a Puos d’Alpago e ad Agordo».
L’appello. Ma la direttrice della Sersa lancia nuovamente un appello a tutte le famiglie che devono prendersi cura di un malato di demenza: «Poiché l’obiettivo è di far rimanere a casa o casa di riposo i pazienti, i ricoveri di emergenza dovranno servire soltanto nella fase più acuta: Per fare ciò è necessario che ci sia l’allerta dei servizi all’inizio della malattia per avviare in tempi celeri percorsi individuali di cura».
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