Ambulatori chiusi in tutta la provincia: adesione all’80%

Contenti il presidente dell’Ordine e il fiduciario della Fimmg «Speriamo che la Regione ci dia ascolto e si torni al tavolo»
BELLUNO. L’80% dei medici di famiglia bellunesi ha aderito allo sciopero indetto dalle sigle sindacali Fimmg, Snami, Smi, Intesa sindacale in tutto il Veneto. Gli ambulatori sono rimasti chiusi praticamente in tutta la provincia. E oggi si replica.


L’adesione.
Su un totale di 139 operanti nel Bellunese (85 nel distretto di Belluno e 54 in quello Feltrino), 28 medici di base (15 nell’ex Usl 2 e 13 nell’ex Usl 1) hanno deciso di non aderire allo sciopero (perché non iscritti ad alcun sindacato, perché non condividono i motivi dell’astensione, ma anche per continuare a offrire un servizio ai residenti delle frazioni più disagiate della provincia).


L’informazione capillare portata avanti nei giorni scorsi dai camici bianchi nei confronti dei loro assistiti ha fatto sì che non ci siano stati disservizi o problemi particolari. Negli studi medici di gruppo o di gruppo integrati la giornata è trascorsa tranquilla. «Le uniche telefonate che abbiamo ricevuto», hanno detto dalle segreterie degli studi medici “BellunoUno” di via Caffi e “Belluno Dolomiti” di via Giovanni Paolo I a Cavarzano, «riguardavano prenotazioni di visite o prescrizioni di farmaci per i prossimi giorni». Qualche over 65enne si è presentato in ambulatorio pensando di poter fare il vaccino antinfluenzale, ma è dovuto tornare indietro, perché deve essere somministrato dal medico. «Ho pensato che venendo oggi (ieri per chi legge,
ndr
) avrei trovato meno gente», dice il signor Luigi, che però ha preso bene il fatto di dover tornare un altro giorno. «Poco male, è un’occasione per farmi una passeggiata vista la bella giornata», sottolinea.


L’Ordine dei medici e i sindacati.
«Siamo soddisfatti dell’adesione dei colleghi», precisano Umberto Rossa, presidente dell’Ordine dei medici di Belluno, e il fiduciario della Fimmg, Fabio Bortot. «Primo perché sono anni che non scioperiamo, secondo perché la categoria di solito non è tanto unita. So che alcuni colleghi hanno preferito lavorare lo stesso per garantire un servizio importante per le frazioni più periferiche», sottolinea Bortot, «ed è comprensibile». «Sono pochissimi i pazienti che ci hanno chiamato per emergenze», aggiunge Rossa.


Il paventato incremento di afflusso ai Pronto soccorso della provincia non c’è stato, secondo quanto riferisce la direzione medica. A Belluno, «l’attività si è svolta normalmente», mentre a Pieve di Cadore, una persona si è presentata al triage per farsi prescrivere dei medicinali che aveva finito.


«Visto quanto prevede la Regione e la diminuzione dei medici di famiglia prevista nei prossimi anni, si rischia che quelli che restano siano oberati di pazienti, con un sovraccarico di lavoro», spiega Giuseppe Barillà, medico della medicina di gruppo integrata Longaronese-zoldana. «Entro dicembre di quest’anno se ne andranno cinque medici in provincia e altri venti i seguiranno nel 2018. In poco tempo ci troveremo senza una trentina di medici. L’allarme è alto».


A chiedere trasparenza e una soluzione immediata del problema tra Regione e medici sono i pensionati di Confartigianato. «È diritto di tutti difendere le proprie posizioni, ma trattandosi di salute», dicono dall’Anap, «è auspicabile un approccio diverso alla materia sia da parte di Venezia che dei professionisti per il bene dei pazienti».


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