Ancora un rogo nel Castionese, denunciato il piromane

Distrutta la casera dell’Asd “Pantera Rosa” a Valdart, esplode una bombola di gpl. La Polizia ha incastrato il responsabile

BELLUNO. Quel mezzo chilometro lungo la strada che dall’abitato di Ronce si inerpica fino a Valdart, dalla notte tra martedì e mercoledì è diventato il terreno d’azione del piromane che ha terrorizzato quest’angolo incantato sul Nevegal. Alle 4.15 di ieri è divampato un altro incendio. Il terzo in cinque giorni: completamente distrutta la casera dell’Asd “Pantera Rosa” di Visome, che dominava un pianoro sopra l’abitato di Valdart. Nella serata di ieri, la svolta attesa dai cittadini: la Polizia ha denunciato per danneggiamento seguito da incendio (articolo 424 del codice penale) un 41enne che vive nel Castionese, senza precedenti specifici.

L’allarme. A chiamare i vigili del fuoco ieri notte è stato un uomo che vive alcuni periodi dell’anno a Valdart. «Si è verificato un calo della corrente e il telefono cordless ha fatto bip. Mi sono svegliato e ho aperto le finestre», racconta, «In alto, dove c’era la casera, solo fuoco». Le stesse fiamme che Francesco Tison, presidente dell’Asd “Pantera Rosa”, ha scorto da casa sua a Col de Gou, sul Nevegal, quando l’hanno chiamato nel cuore della notte per dirgli cosa stava succedendo: «Ho visto il disastro», racconta. Il piromane ha agito passando dal bosco, non dalla strada: nelle telecamere posizionate su una casa a Valdart non si vede alcuna auto.

Intervento difficilissimo. Tre i mezzi dei vigili del fuoco di Belluno - due camion e il fuoristrada per gli incendi boschivi - con sette uomini che sono stati inviati dalla sala operativa a Valdart. L’incendio, all’arrivo dei pompieri, era già in fase avanzata. La casera si trovava sulla sommità di un colle raggiungibile solo con la jeep attraverso una stradina tortuosa e sterrata. Ecco perché i vigili del fuoco hanno dovuto lasciare i camion a Valdart e predisporre una tubazione con 12 tubi da 25 metri ciascuno per superare il dislivello di 80 metri e portare l’acqua fino su alla casera in fiamme. Per tre volte i camion sono andati al piazzale del Nevegal a fare il pieno d’acqua.

L’esplosione. Proprio mentre i vigili del fuoco stavano predisponendo la tubazione si è verificata l’esplosione della bombola di gpl che si trovava nella cucina della casera. Il boato è stato udito a chilometri di distanza nella valle. Fortunatamente nessun pompiere si trovava in quel momento nelle vicinanze della struttura e proprio per questo non si sono registrati feriti. Dopo lo spegnimento, i vigili del fuoco hanno dovuto lavorare fino alle 10.30 per la messa in sicurezza dell’area. Nel frattempo i tecnici della polizia giudiziaria dei vigili del fuoco hanno raccolto gli elementi utili che finiranno nella relazione sull’episodio. Su posto anche la Polizia, che si occupa delle indagini, e una pattuglia dei carabinieri.

Le indagini e la svolta. Da giorni Polizia e carabinieri (intervenuti nel primo incendio alla stalla della famiglia Casagrande) stavano seguendo la pista dolosa. C’era già un sospettato, un 41enne del Castionese. Ieri mattina i poliziotti sono saliti sul Nevegal e hanno portato l’uomo in Questura a Belluno. Qui è rimasto per l’intera giornata sotto torchio. Sentiti anche alcuni testimoni. I poliziotti hanno lavorato a lungo per valutare la posizione dell’uomo e i possibili suoi collegamenti con gli episodi dell’ultima settimana. In serata il 41enne è stato denunciato. L’arresto, infatti, è previsto solo in caso di flagranza.

Il microcosmo delle Ronce. La casera data alle fiamme ieri notte era luogo di ritrovo e per le feste sin dal 1985, quando la struttura di legno di 100 metri quadrati con tetto in lamiera - utilizzata in origine per il terremoto del Friuli nel comune di Vito d’Asio, nel Pordenonese - era stata posizionata dal gruppo della “Pantera Rosa” sopra il minuscolo borgo di Valdart, in mezzo a una radura in uno dei posti più belli del Nevegal. Lassù, a 920 metri sul mare, le case si contano sulle dita di una mano, tutte raccolte là dove finisce la strada che sale dalle Ronce. Stabilmente non ci vive nessuno, anche se quasi tutte le abitazioni sono state restaurate come buen retiro. Eppure fino a 30 anni fa, a Valdart d’estate vivevano 30-40 persone perché lassù venivano portati gli animali all’alpeggio. C’erano la casa del maniscalco - sul terrazzo sono ancora appesi i ferri di cavallo - e il forno per il pane, oggi usato come officina. Pochi tornanti più giù, a Ronce, gli abitanti sono una trentina, raccolti nel minuscolo centro e nelle case sparse. Non ci sono bar, l’unica attività è l’agriturismo sulla strada verso Piandelmonte. Dal pianoro dove si trovava la casera, gli abitanti sostengono ci sia la vista più bella dal Nevegal sulle Dolomiti: nelle giornate limpide si vede a 180 gradi fino alla Marmolada. Un paesaggio da sogno, un microcosmo che in questi giorni era stato sconvolto dai roghi.

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