Anguane, la magia nell'Oltrechiusa secondo la Dal Pan

Sono esseri mitologici dell'arco alpino, affascinanti come solo il mito sa essere. Le anguane, creature femminili dai piedi caprini che popolano di preferenza le fonti, verso cui si muovono di notte per lavare i panni, portando l'acqua con ceste di vimini, sono anche l'oggetto del volume di Claudia Dal Pan "Le Anguane. Magia, appartenenza e identità nell'Oltrechiusa Ladina", pubblicato dall'Istituto Ladin de la Dolomites, nell'ambito delle ricerche linguistiche, storiche e culturale. Nato come tesi di laurea all'università di Milano-Bicocca, il libro (stampato dalla tipografia Piave) si trova in vendita al prezzo di 10 euro all'Istituto Ladin de la Dolomites a Borca, negli sportelli ladini in Agordino, Cadore e Zoldo e in alcune librerie fiduciarie del territorio. Le anguane hanno un ruolo consolidato nella mitologia alpina, e forse erano affini alle ondine delle saghe germaniche o alle ninfe acquatiche precristiane. Imparentate probabilmente con Adgana, divinità celtica dell'acqua, sono donne fuggevoli, affascinanti e ammaliatrici, ora con biondi e lunghissimi capelli, ora brutte e malvagie secondo le necessità del momento, emettono grida molto forti e sono persino in grado di stordire. Di loro si parla fin dal XIII secolo, nel "De Jerusalem coelesti" di Fra Jacomin da Verona. Abitano in cavità naturali, temono i contatti con gli esseri umani e dopo aver eccitato l'immaginazione di generazioni di adulti e bambini, da un secolo interessano anche antropologi, linguisti e sociologi. Il lavoro di Claudia Dal Pan si muove su diversi piani, iniziando con alcune considerazioni sul ladino, veicolo peculiare della cultura dell'Oltrechiusa, analizzato anche con riferimento all'ambito antropologico. Segue un capitolo nel quale le anguane si collocano spazialmente in Oltrechiusa, come "guardiane" del Lago de la Bastes a Mondeval, luogo ricco di storia e di leggende. Di seguito, l'autrice esamina il ruolo delle mitiche donne dai piedi caprini, esaltato nei secoli dai filò. Nel terzo capitolo emergono la centralità e il senso dello studio, che mira a definire il valore antropologico-culturale dell'elemento-acqua, come fonte di vita e immaginazione, e di conseguenza quello dell'anguana, intimamente legata all'acqua stessa, tramite fra essa e il consorzio umano. Le anguane sono poi analizzate nel loro supposto ruolo di rivincita del femminile nella società alpina di un tempo, quando la donna si caricava di grandi pesi fisici e mentali, ma rivestiva una visibilità e un'importanza sociale assai limitate. Lo studio si chiude con alcune considerazioni sulla conservazione della memoria nelle comunità alpine, dopo che l'avvento del turismo le ha modificate da realtà "confinate e di confine" a porzioni sempre più globalizzate del mondo.
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