Anoressia e bulimia, c’è il “pasto assistito”

Accordo tra direzione strategica di via Feltre e associazione Margherita per gestire il progetto

BELLUNO. Si chiama “Pasto assistito” il progetto che l’associazione Margherita ha messo in piedi con l’azienda sanitaria di Belluno a favore delle persone che soffrono di anoressia e bulimia. Patologie che interessano soprattutto la popolazione femminile e che sono sempre più diffuse.

Basti pensare che nel 2015 si sono rivolti ai servizi preposti dell’Usl 1 circa 50 nuovi pazienti che hanno problemi alimentari e sono state erogate 1.300 prestazioni da dietiste e psicologi in questo settore.

Il fenomeno, quindi, esiste e si diffonde anche in provincia di Belluno e per questo l’associazione Margherita, che lavora da tempo con il Centro dei disturbi del comportamento alimentare e con il servizio di psicologia ospedaliera, ha deciso di dare un aiuto.

«Dalle ultime ricerche emerge che il pasto assistito è un intervento riabilitativo necessario per la cura di persone affette dal disturbo alimentare. Questa modalità prevede che il paziente sia assistito durante i pasti da un operatore formato», dicono dall’associazione, «per superare così gli ostacoli che gli impediscono un’assunzione adeguata di nutrienti per quantità e qualità». I pasti verranno strutturati con schemi dietetici adeguati e con le pazienti verranno progressivamente affrontate, discusse e gestite la resistenza al cambiamento e le reazioni collegate alle possibili difficoltà digestive, rassicurandole in merito alla paura di perdere il controllo sull’alimentazione e sul peso corporeo.

I destinatari del progetto, che sarà a totale carico dell’associazione e gratuito per il paziente, saranno i pazienti affetti dal disturbo alimentare e che necessitano di questo “pasto assistito” come intervento riabilitativo necessario e anche le ragazze ricoverate nei reparti dell’ospedale san Martino. E questo andrà ad incrementare i servizi di cura offerti dal centro.

Infatti, «il pasto risulta essere un momento particolarmente critico e complesso per le persone affette da Dca (disturbi comportamento alimentare)», dicono dall’Usl. «Il momento del pasto spesso compromette l’intera giornata e la persona può non riuscire ad affrontare il pasto, o farlo in maniera inadeguata. Serve, quindi, un aiuto concreto per affrontare quello che, a causa della loro malattia, viene percepito come il momento più difficile».

Il progetto si articola non solo nel pasto assistito ma anche nella gestione ed elaborazione delle emozioni sgradevoli associate al cibo, i gruppi di condivisione e riflessione dei momenti successivi al pasto e altre attività per spostare il focus dell’attenzione delle pazienti.

Gli incontri avranno durata di due ore ciascuno. E il progetto si protrarrà per un anno. (p.d.a.)

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