Anziani nullatenenti in casa di riposo Tanti parenti furbetti
CESIOMAGGIORE. L’anziano che entra in casa di riposo, senza capienza di reddito, senza proprietà immobiliari sulle quali possa rivalersi il Comune domicilio di soccorso che fa anticipazioni di cassa, quanto incide sul bilancio dell’ente che deve garantirne il benessere di chi al momento non ha nulla? Tanto. Troppo, per non pensare al coinvolgimento di parenti di primo o secondo grado, magari destinatari di beni finanziarti o immobili, tipo risparmi o case donate, che rendono sì l’anziano nullatenente, ma cosa c’è dietro?
Il Comune di Cesiomaggione ha fatto un regolamento provvisorio per non lasciare senza tetto e assistenza anziani bisognosi ai quali anticipa l’integrazione di retta in casa di riposo e 70 euro mensili per malspendito. Ma il sindaco Carlo Zanella ha intenzione di attivare un lavoro di intelligence per capire, in assenza di dati di Isee che non sono stati aggiornati e che riguardano figli e nipoti in un contesto di famiglia allargata, se c’è la possibilità di rivalsa su beni che non sono più di proprietà dell’anziano accolto in struttura protetta, ma che lo erano prima. «Attualmente ci sono due anziani incapienti in Rsa a Cesio, uno accolto a spese del Comune inviante, cioè il nostro, a casa Kolbe, uno a Meano che è deceduto, e altri due in istruttoria».
Va da sé che bastano poche integrazioni di retta, con 70 euro di spese accessorie ciascuno, e pochi minori accolti in comunità a spese del Comune, per far saltare il palco poggiato su fragili risorse di bilancio, dice il sindaco Zanella. Che anticipa di voler far valere il regolamento approvato in consiglio comunale nel 2015, in base al quale il caso di incapienza di reddito dell’anziano, i parenti di primo grado debbano contribuire. In che modo, se chi ha bisogno di entrare in casa di riposo, ha una pensione minima e non risulta proprietario di alcun bene mobile o immobile (oggetti di valore o case)? Si va a guardare a casa, cioè all’Isee dell’intero nucleo familiare (comprensivo di figli e di nipoti), e agli eventuali beni ereditati.
Alla voce recupero del credito, infatti, ci sono alcuni passaggi che non lasciano adito a dubbi e che dovrebbero essere anche a scanso di ricorsi. Come prima cosa si va a verificare l’iscrizione ipotecaria nei registri immobiliari sui fabbricati e sui terreni di proprietà del debitore, cioè di chi viene accolto in struttura. La seconda è l’espropriazione forzata dei beni del debitore o dei suoi eredi (limitatamente ai beni immobili ereditati) «dopo che sia esperita, senza effetto, la prassi amministrativa per il recupero del bene maturato».
Dunque, tutto bene se c’è l’alienazione consensuale dei beni immobili del ricoverato (o degli eredi per i beni ereditati) con garanzie formali affinché il ricavato sia destinato a copertura delle anticipazioni di cassa del Comune per la retta alberghiera. Ma se si crea un muro contro muro e permane l’inadempienza all’obbligo di contribuzione, il Comune «adotterà le misure necessarie comprese quelle giudiziali» per rientrare dei soldi anticipati e pure maggiorati degli interessi di legge. Il tutto, mica per penalizzare le famiglie che magari se la passano anche male. Ma per far prevalere la ragione di Stato, cioè la tutela dei denari pubblici su chi davvero non ha nulla e non ha mai avuto nulla.
Laura Milano
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