Ape sociale e precoci rabbia al presidio all’Inps
Una cinquantina di lavoratori ha manifestato davanti alla sede bellunese I sindacati: «L’Istituto fa ostruzionismo, ricorsi contro ogni domanda rigettata»
BELLUNO. «Siamo spiacenti nel comunicarle che non è stato possibile accogliere la domanda di pensione anticipata per lavoratore precoce perché il suo codice fiscale e quello del datore di lavoro non individuano nessun rapporto di lavoro nell’archivio delle comunicazioni obbligatorie». Con queste semplici parole ma dal peso incommensurabile per chi attende di poter andare in pensione dopo anni trascorsi sulle impalcature edili, la domanda di Andrea, un lavoratore precoce, non è stata accolta dall’Inps.
Si lamenta anche Pietro che si è visto respingere la sua richiesta perché negli ultimi sei anni «non risulta aver svolto in via continuativa una delle attività previste nel decreto del Presidente del Consiglio», cita leggendo la lettera inviatagli dall’Istituto di previdenza. E poi obietta: «Ma per uno che lavora nell’edilizia non ci sono sei anni consecutivi di lavoro, visto che sono previsti anche i periodi di cassa integrazione per maltempo, molto frequenti specialmente qui in montagna».
Sono arrabbiati, delusi, sconsolati ma anche combattivi gli oltre 50 lavoratori che ieri mattina erano presenti, sfidando il freddo, a Belluno per il presidio indetto dalle varie categorie della Cgil contro il respingimento di oltre l’80% di domande di prepensionamento per i lavoratori delle mansioni usuranti. In provincia di Belluno, fino al luglio scorso sono state inoltrate complessivamente 138 domande di Ape sociale e 217 di precoci. Domande che sono state «passate al setaccio dagli uffici del patronato secondo quanto previsto dal decreto. Per cui chi le ha inviate ha in mano i contributi, l’età e le certificazioni della mansioni svolte dal lavoratore precoce. Ma solo pochissime hanno passato il vaglio dell’Istituto di previdenza. E allora se qualche domanda può anche non essere giusta, suona sospetto che non lo sia l’80%», sottolinea Marco Nardini, segretario della Fillea Cgil che punta il dito contro l’Inps. «L’Istituto sta facendo ostruzionismo», ribadisce anche Alessandra Fontana della Filt Cgil, «perché interpreta in maniera troppo stringente la norma e addirittura in alcuni casi di rigetto di fatto la contraddice». «Il ruolo dell’Istituto non è fare le leggi, è applicarle. Il patronato Inca farà ricorso su ogni rigetto, ma nel frattempo il tempo passa», sottolinea Mauro De Carli, segretario della Camera del lavoro, «e lavoratori e lavoratrici che hanno diritto di andare in pensione anticipatamente dovranno attendere. Quanto non si sa».
«Tutto questo è la conseguenza di quella legge Fornero che ha causato un aumento del 60%, negli ultimi 5 anni, delle malattie professionali», precisa ancora Nardini a cui fa eco Paola Tegner della Fillea: «L’ex ministro Fornero andasse a lavorare per un mese in miniera per 1.100 euro e si accorgerebbe di quali sono i lavori usuranti e se si possono fare fino a 70 anni».
La protesta si è conclusa con un incontro della delegazione sindacale col direttore dell’Inps «a cui abbiamo esposto le nostre rimostranze da portare in sede nazionale».
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