Appalti, «nuove regole per favorire la legalità»
BELLUNO. La legalità è una questione culturale, ma con le regole giuste la corruzione può essere sconfitta. Gli edili di Confindustria prendono posizione all’indomani dello scandalo che ha investito Anas, riportando all’attenzione dell’opinione pubblica la questione degli appalti e, quindi, del rapporto tra imprese e pubblica amministrazione.
«La corretta gestione degli appalti», sottolinea il presidente di Ance Belluno, Raffaele Cantone, «è uno dei temi che sta a cuore alla nostra associazione, perché anche da ciò dipende la sopravvivenza del nostro settore, tra i più colpiti da una crisi che si trascina ormai da anni, e che investe in particolare le imprese che si occupano di lavori pubblici. Accogliamo perciò con favore la presa di posizione del presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, contro il massimo ribasso, un sistema che presenta forti criticità e che impone verifiche di congruità dei prezzi spesso onerose anche per i committenti pubblici».
«Non voglio commentare questo caso specifico», prosegue Limana, «ma mi preme ribadire e sottolineare un aspetto importante: siamo imprenditori che quotidianamente si impegnano per resistere a una situazione di mercato difficilissima, non solo per noi, ma anche per i dipendenti e i fornitori. Le aziende, di qualunque settore, sono un patrimonio del territorio in cui operano e per questo andrebbero non dico aiutate, ma per lo meno non penalizzate o ignorate».
«Per quanto riguarda la questione degli appalti», sottolinea il presidente Ance, «il sistema del massimo ribasso è un punto critico: funziona male e senza strumenti di controllo reale varianti e modifiche successive diventano l’unico modo per sopperire alle eventuali carenze. Sarebbe interessante poter verificare se gare affidate con ribassi strepitosi si siano realmente tradotte in un risparmio per la collettività. Nelle piccole realtà, poi, può accadere che il progettista sia anche il direttore dei lavori, con un “conflitto di interessi” che, senza nulla togliere alle singole professionalità, può comportare evidenti difficoltà».
«A livello locale», aggiunge Limana, «si arriva al paradosso della spersonalizzazione della selezione delle imprese, con l’estrazione a sorte. Una procedura che tutela la macchina amministrativa, ma che non tiene contro delle esperienze positive o negative con le imprese, delle competenze o del contesto specifico di lavoro. Concetti, questi, che in altre realtà territoriali si applicano con buoni risultati».
«In conclusione, è vero che l’illegalità è prima di tutto una questione culturale, ma molto si potrebbe ottenere con poche regole chiare ed efficaci e con una leale collaborazione tra pubblico e privato in un ottica di sistema, che non può prescindere da una regolarità nei pagamenti».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi