Appartamenti e negozi nell’ex Telve

Passa in consiglio (minoranza contraria) il parziale cambio di destinazione d’uso di una parte dell’ex palazzo delle Poste

CORTINA. «Da uomo della strada dico che è un'operazione scandalosa. Da consigliere comunale sono molto perplesso». Così Gianpietro Ghedina (“Per la nostra Cortina”) commenta l'opportunità data dal recente consiglio comunale, con il voto contrario del suo gruppo, a far realizzare appartamenti e negozi al posto della vecchia centrale telefonica, nel palazzo delle Poste, in centro. In consiglio comunale è stato approvato il cambio parziale di destinazione di una parte dell'edifico di palazzo Poste, storica abitazione progettata dall'architetto Edoardo Gellner per le Olimpiadi invernali del 1956. La richiesta di cambio di destinazione d'uso parte dalla società Treviso Iniziative 2 che fa riferimento a Mario Moretti Polegato, patron della Geox.

L'edificio che un tempo ospitò la Sip, poi la Telecom, e che infine è stato acquistato dalla società trevisana, vedrà quindi una parte ad uso commerciale, a piano terra, e una ad uso residenziale. Saranno realizzati tre ampi appartamenti, in un volume di tre mila metri cubi, per una superficie di 1.200 metri quadrati. A fronte del cambio di destinazione d'uso parziale, che passa a residenziale, la società dovrà versare al Comune 414.698 euro come oneri di urbanizzazione.

«La richiesta dei privati», spiega l'assessore all'edilizia e all'urbanistica, Stefano Verocai, «passa in consiglio comunale dopo che abbiamo adottato una specifica norma nel 2011. All'epoca controllammo in consiglio le sorti della destinazione dell'edificio in via Cesare Battisti, di proprietà dell'Usl 1, dove ha sede il distretto sanitario. Anche nel caso di palazzo Poste, infatti, si tratta di un edificio nato con funzioni pubbliche, da parte della società veneta di telefonia, la Telve. Poi subentrò la Sip e quindi la Telecom. Ora la centralina della Telecom è stata dismessa in questo edificio ed è stata spostata alla partenza della funivia Faloria. I locali sono pertanto liberi e la destinazione pubblica con il passare degli anni e l'acquisto da parte dei privati è andata scemando. Abbiamo prodotto due pareri legali, allegati alla delibera del consiglio comunale, vista la delicatezza della questione».

Preoccupati i consiglieri di minoranza che vedono in questa delibera alcune «discrepanze» con altri piani urbanistici attivati nella Conca. «Ai privati si chiede solo di versare gli oneri di urbanizzazione», sottolinea Ghedina, «e nulla di più per il vantaggio che ricevono dal realizzare negozi ed appartamenti. Se penso ai sacrifici che sono stati chiesti alla famiglia Alverà di Ospitale e alla parrocchia per villa Alessandra, con l'unico risultato che le loro operazioni sono ferme, in quanto troppo onerose da portare a termine, non trovo corretto il modus operandi».

«Questa richiesta», sottolinea Verocai, «è diversa dagli altri piani urbanistici. Qui è venuto meno il servizio pubblico fornito nell'edificio. E il consiglio deve esprimersi solo in merito alla richiesta di cambio parziale di destinazione d'uso. La cifra che i privati versano è prevista per legge come oneri di urbanizzazione. Il Comune non può chiedere altro di più».

«Il nocciolo della questione», chiosa il vice sindaco Enrico Pompanin, «è se consentendo che nell'edificio si facciano negozi ed appartamenti viene meno un servizio pubblico. La risposta è no, in quanto il servizio è stato trasferito altrove, a spese dei privati per oltre un milione. Il consiglio non deve deliberare su altro. I piani urbanistici e i piani di recupero sono diversi da questa operazione».

Alessandra Segafreddo

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