Approfittò della morosa: chiesti 6 anni e mezzo
PONTE NELLE ALPI
Circonvenzione d’incapace? «Non sapevo che questa ragazza avesse un deficit mentale». Ma non la insultava, dandole della deficiente o della ritardata mentale? Sono cose che si dicono, è il senso della risposta data al pubblico ministero Marcon. Ad ogni modo, Arley Davinson Da Corte rischia una condanna a sei anni e mezzo e 3 mila euro di multa per circonvenzione, estorsione, rapina e minaccia aggravata: la vicenda è quella del mutuo in Posta da 11.500 euro e dei mille euro in contanti per la patente da comprare a Palermo. La Procura ha chiesto anche l’assoluzione per l’altra imputata Barbara Bernardon, perché non è stata raggiunta la prova della sua colpevolezza.
La difesa Da Corte, sulla base di un certificato medico che descrive un disturbo comportamentale per il precedente vissuto in Colombia e di un risarcimento simbolico di mille euro, ha chiesto l’assoluzione per non aver commesso l’estorsione, che semmai è tentata; male che vada, è stato chiesto il minimo della pena con le attenuanti generiche per gli altri reati. La difesa Bernardon, invece, chiede l’assoluzione con formula piena e non dubitativa, perché la donna ha avuto un ruolo del tutto marginale nella vicenda e non ha preso un soldo. A differenza del terzo imputato Andreas Calafiore, che è già stato condannato a quattro anni in abbreviato.
L’esame di Da Corte si è svolto nel pomeriggio per un disguido nella traduzione dal carcere di Vicenza. L’uomo ha attribuito la maggior parte delle colpe a Calafiore, che aveva avuto l’idea di aprire un ristorante con i soldi della parte offesa. Lo stesso Calafiore, nel racconto di Da Corte, aveva chiesto alla madre della parte offesa 850 euro per averlo ospitato e aveva ricevuto dalla ragazza 4 mila di quegli 11.500 euro incassati e versati su una Postepay. Quando i tre sono andati dalla donna per farsi dare il denaro, lo stesso Da Corte ha spiegato il suo atteggiamento con il fatto che la parte offesa «aveva approfittato di me sessualmente, a 16 anni».
L’imputato ha ammesso solo di aver portato via il tablet alla ragazza, durante un appuntamento in un giardino di Ponte, dopo la denuncia: «Gliel’avevo chiesto due volte, poi gliel’ho preso». Solo la rapina, insomma, mentre ha respinto gli altri addebiti, compresa la minaccia aggravata «vi brucio la casa». Per la Procura, invece, la prova è stata raggiunta per tutti, conseguente la richiesta di condanna. I giudici Marson, Feletto e Riposati hanno rinviato al 21 gennaio per eventuali repliche e sentenza. —
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