«Armin amava la vita, non il pericolo. È stato un incidente»

Per ricordarlo si sono radunati sul monte Piana molti amici chi in parapendio chi sul filo. Mercoledì i funerali di Holzer

AURONZO. «Armin amava la vita, non il pericolo, tanto meno l’impossibile. Curava ogni particolare delle sue esibizioni da saltimbanco del cielo. Quassù, pertanto, non è scivolato in un’imprudenza, ma sicuramente gli sarà capitato un incidente».

A parlare è Alessandro D’Emilia, il compagno di tante avventure, anzi l’amico. Ale con Holzer ed altri saltimbanchi di queste parti hanno fondato il gruppo de "le lepri di Misurina". Ed eccoli quassù, ai 2200 metri del monte Piana, la casa a cielo aperto di Hozer, D’Emilia e di tanti altri. Il parco giochi, di questi ragazzi; nessuno dei quali, però, s’è mai preso gioco della vita. Quando volavano - in tutte le forme -, nulla lasciavano al caso.

E anche ieri, per ricordare Armin, si sono liberati in cielo dimostrando la più consapevole pignoleria. Il raduno sul monte Piana l’hanno organizzato in poche ore, sabato, per far memoria del loro amico, prima che si celebrino i funerali, mercoledì alle 14, nella parrocchiale di Sesto.

Sono arrivati in molti, da ogni parte delle Dolomiti, ma anche da lontano. Nessuna cerimonia, nessuna celebrazione, ma un commosso ricordo di Armin, per come ciascuno l’ha conosciuto, apprezzato, amato. E poi, siccome neppure a lui piacevano i discorsi, un po’ tutti si sono liberati nell’azzurro, quasi accecati dal soli, chi in deltaplano, chi sulle fettuccine. Ne è scaturito un circo, attraversato dai sorrisi, ma anche da qualche lacrima.

«Lo ricordiamo, Armin, nel modo meno convenzionale, proprio come a lui sarebbe piaciuto – di dice Ale -. Non piangiamo, come può constatare, la morte, ma festeggiamo la vita, quella che Armin amava così tanto. E quassù più che da ogni altra parte. Questa era come la terrazza di casa propria».

Ti giri a 360 gradi e non finisci di provare stupore, a partire dalle Tre Cime. Una splendida piattaforma di lancio, ma soprattutto – come riconosce Ale – un eccezionale luogo dello spirito, un tempio sacro che per tetto ha il cielo e per fondamenta… le trincee della prima guerra mondiale. Luogo di morte, con 14 mila caduti in questo dedalo di fortificazioni, che attendono la neve per riposare in pace. Luogo di vita per Armin, Ale e gli altri.

«Il nostro sogno era ed è quello di far salire quassù migliaia di ragazzi di tutto il mondo perché apprendano il valore della pace proprio qui dove si è consumata l’inutile strage. E perché s’impegnino contro le guerre, contro ogni forma di violenza».

Non bisogna chiedere a questi giovani come vorranno ricordare il loro amico, li si offende se vengono associati al desiderio di installare una targa o, peggio, un monumento.

«Armin era come un uccello, che volava libero, e noi ce lo immaginiamo proprio così. Libero a tal punto che nessun segno materiale verrà cementificato. Il monumento che gli dedichiamo è lo stesso monte Piana, dove a suo nome continueremo a celebrare l’amore. L’amore per la vita». Ale ed Armin si sono conosciuto mezza dozzina d’anni fa ad una gara di sci. Poi hanno scoperto la passione comune dello slackline, che li ha portati perfino in Cina. L’ultima campagna sociale li ha visti insieme contro la violenza sulle donne.

«Armin era un ragazzo fantastico, sempre disponibile anche per gli altri. Era nel soccorso alpino e la vita l’ha rischiata molto più spesso facendo quell’attività, per salvare gli altri». Ma camminare nel vuoto, appoggiando i piedi su una fettuccia di 2,5 cm, ha davvero un senso? «Ci aiuta a meditare sulla vita e ad apprezzarla ancora di più. Si ha una sensazione di libertà infinita».

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