Arsiè, diagnosi tardiva: maxi risarcimento Ulss

Condanna definitiva in sede civile per l’azienda sanitaria che verserà 800 mila euro dopo la morte del panettiere Elio Faoro

Gigi Sosso
L’ospedale Santa Maria del Prato di Feltre
L’ospedale Santa Maria del Prato di Feltre

ARSIÈDiagnosi in ritardo a Feltre: l’Ulss pagherà 800 mila euro. La famiglia di Elio Faoro ha vinto la causa civile contro l’azienda sanitaria. La Corte d’Appello di Venezia ha confermato la sentenza di primo grado del giudice Chiara Sandini, sono trascorsi i termini per il ricorso e il pronunciamento è diventato definitivo.

I familiari del panettiere di via Crociera, impegnato anche nel sociale con il gruppo alpini e la Protezione civile, si erano affidati fin da subito ai legali di Giesse Risarcimento danni che, forti una lunga esperienza in casi di malasanità, avevano tentato più volte di trovare un accordo fuori dalle aule di giustizia, ma l’Ulss ha continuato a sostenere l’innocenza dei medici, salvo poi rendersi conto del fatto che non avrebbe avuto senso andare in Cassazione.

Dieci anni fa Faoro è affetto da stenosi aortica, coronopatia ostruttiva e calcolosi biliare e viene ricoverato all’ospedale di Feltre per essere operato al cuore. L’intervento consiste nella sostituzione della valvola aortica con protesi meccanica. Quella che c’era non controllava più il passaggio del sangue e comprometteva il corretto svolgimento del ciclo cardiaco. Il decorso post-operatorio sembra procedere, anche se il paziente entra ed esce dall’ospedale. Ma nel gennaio 2013 la situazione precipita.

C’è un peggioramento delle condizioni e l’uomo si rivolge al Pronto soccorso con tosse, febbre alta, difficoltà respiratorie e fibrillazione atriale.

Gli esami rilevano la presenza di setticemia da stafilococco e broncopolmonite bilaterale. I medici lo sottopongono a una terapia antibiotica e lo dimettono, ma dopo un iniziale miglioramento la situazione precipita di nuovo e, nel giro di cinque giorni, Faoro è costretto a tornare in Pronto soccorso.

Solo il primo marzo, quando la condizioni si aggravano inesorabilmente, i medici gli fanno un elettrocardiogramma, che permette di diagnosticare il «distacco parziale di protesi aortica da verosimile ascesso periprotesico». Un’altra cosa l’endocardite acuta, rispetto alla prima diagnosi. Trasferimento a Trento, intervento chirurgico e il 4 marzo 2013 il decesso.

Il 24 novembre 2019 il Tribunale di Belluno ha riconosciuto il nesso di causa tra l’operato dei medici e la morte del paziente, «in quanto una tempestiva diagnosi di endocardite e un adeguato trattamento avrebbero condotto a un esito positivo».

Venezia ha aggiunto che «la complessità della patologia era sufficientemente percepibile per l’azienda sanitaria, che avrebbe potuto attuare maggiori cautele in ordine alla prevenzione di possibili morbilità che avrebbero potuto aggravare lo stato di fragilità».

Giesse si è basata sulla consulenza del dottor Bertuol: «La sostituzione della valvola e una tempestiva diagnosi di endocardite avrebbero salvato la vita a Faoro», sottolinea Gennaro Pisacane di Giesse, «il ritardo di 30 giorni ha avuto esiti fatali».

Argomenti:sanità

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi