Assi, lo sport per l’integrazione dei disabili

L’associazione ha come presidente la medaglia d’oro paralimpica De Pellegrin
I disabili in allenamento insieme ad Oscar De Pleegrin
I disabili in allenamento insieme ad Oscar De Pleegrin

BELLUNO. Assi, di nome e di fatto. E non solo perché nel loro gruppo ci sono due campioni del calibro di Oscar De Pellegrin (che ne è il presidente), che ha fatto emozionare tutta Italia con la medaglia d'oro conquistata a Londra, e Davide Giozet, che ha vinto (di nuovo) il Giro d'Italia in handbike, e sta ottenendo grandi risultati anche nel wheelchair rugby (chissà di non vederlo a Rio de Janeiro, tra quattro anni).

Non potevano scegliere un nome migliore, Oscar e gli altri soci fondatori dell'Assi, per battezzare un'associazione che lavora per far conoscere il mondo della disabilità, per sensibilizzare la società e per aiutare chi si è trovato ad avere un «appuntamento con il destino», come lo definisce sempre De Pellegrin, a ricostruirsi una vita. Attraverso lo sport, come già faceva l'Asi, ma anche attraverso la socializzazione, lo stare insieme in una serie di attività che vengono organizzate. E alle quali la partecipazione cresce ogni mese che passa.

Quando l'Assi è nata, nell'aprile del 2009, erano una ventina i soci. Oggi sono oltre sessanta, e da un paio di settimane hanno ripreso le consuete attività in palestra. Esercizi con i bastoni, la palla, prove di mobilità articolare, qualche tiro a canestro, sotto la supervisione di Roberto Raschi e Alessandro Bee, ma soprattutto tante chiacchierate e risate in compagnia. L'Assi, in fondo, è un bel gruppo di persone che lavorano per un obiettivo comune, che condividono sogni, fatiche e conquiste. Basta trascorrere un'ora nella palestra delle scuole elementari “Romolo Dal Mas”, a Cavarzano, per rendersene conto.

Lo sport per l'integrazione sociale. «Ogni tanto i sogni si realizzano». Mirko Bortoluzzi è uno dei soci fondatori dell'Assi, e il suo entusiasmo è contagioso. «Questa associazione va a colmare un vuoto, mancava a Belluno, e crearla è stato molto importante». Per creare un punto di aggregazione, ma anche per indirizzare le persone affette da disabilità verso lo sport, strumento eccezionale per l'integrazione sociale.

Del resto il rischio di chiudere le porte in faccia al mondo, quando la vita cambia in maniera inaspettata e assolutamente imprevista, c'è. E gli Assi offrono quello stimolo a rimettere piede nel mondo, quella spinta che serve per ricostruirsi una vita.

È per questo che l'associazione partecipa a moltissime manifestazioni: per farsi conoscere, per tendere una mano a chi, le sue, le tiene nascoste in tasca. E i risultati si vedono: «Adesso sono le persone a cercarci, sono loro a venire da noi», continua Mirko Bortoluzzi. Disabili e non, perché dell'associazione possono fare parte tutti.

Tre anni di conquiste. La genesi dell'Assi va ricercata nella terrazza di casa De Pellegrin. «Io e Oscar siamo amici da anni, e un giorno ci siamo chiesti: ma dove sono tutti gli altri disabili?», racconta Ivan. «Così ci siamo detti: “Andiamo a cercarli”». L'Assi è nata così.

Da quel giorno di aprile di strada ne è stata fatta tanta, sul piano dell'integrazione ma anche della conoscenza, ma resta ancora tanto lavoro da fare. Perché una vita normale la si può condurre anche stando seduti su una sedia a rotelle, «ma solo se vengono create le giuste condizioni», racconta Arianna Daneluzzi, anche lei nel gruppo dei soci fondatori (e segretario dell'associazione). «È necessario che le aziende assumano persone disabili, che vengano rimosse le barriere architettoniche».

Invece la città ne è piena. «Molti negozi hanno un gradino all'ingresso, e per entrarci devi sempre aspettare che arrivi qualcuno ad aiutarti. È un po' stancante, emotivamente».

Le sfide. Di lavoro da fare, insomma, ce n'è ancora tanto. Il territorio bellunese è vasto, e uno degli obiettivi è cercare di coinvolgere sempre più persone anche al di fuori dei comuni che gravitano attorno a Belluno. «Alcune persone si sono già ricostruite una vita autonoma, e l'associazione funge da punto di aggregazione, mentre altri hanno bisogno di essere coinvolti. Bisogna far vedere loro che ci sono le possibilità per condurre una vita autonoma anche da disabili», spiega Arianna Daneluzzi.

Gli Assi continueranno inoltre a sensibilizzare la società, che «è sì più abituata alla nostra presenza rispetto a qualche anno fa, ma ogni tanto bisogna ancora ricordarglielo», conclude Mirko Bortoluzzi.

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