Assolto il Barone sul carro funebre
ALLEGHE. Minacce con un carro funebre e diffamazione su Facebook. Giuseppe Rudatis, il Barone delle Dolomiti, è stato assolto dal giudice Riposati, perché il fatto non sussiste. Accolta la richiesta del difensore Dolif, mentre il pubblico ministero Tricoli avrebbe voluto una condanna a tre mesi di reclusione. Novanta giorni per le motivazioni della sentenza. L’imputato è uscito dall’aula in lacrime di felicità e, qualche ora dopo, sul social ha postato un messaggio proprio sull’esito del processo.
Alla fine dell’udienza, aveva rilasciato spontanee dichiarazioni, che devono essere state convincenti: non voleva minacciare nessuno e quel carro funebre a trazione a braccia, fabbricato in ferro e recuperato in cimitero era solo un cimelio di un certo “Gigio Moro”.
Le contestazioni della procura della Repubblica riguardavano i giorni 20 e 21 dicembre di quattro anni fa, dopo che Rudatis aveva scoperto chi era la coppia di paesani che si nascondeva dietro i profili “Barone 2” e “Barone delle Ande”. In un suo messaggio, rivolgendosi a non meglio identificati cari amici, aveva chiesto loro come si sarebbe dovuto comportare adesso: «Commissionare il lavoro agli albanesi o a quelli della riviera? Entrare nei loro uffici, prendere i computer e buttarli nel lago? Metterli in ginocchio, adesso che comincia la stagione»? Un’ulteriore alternativa era «cominciare a svitare i bulloni delle ruote della macchina, per farli arrivare prima nel lago, insieme agli stessi computer». A proposito, in aula la donna ha ricordato la volta in cui era stata costretta a fermare l’auto, perché non si sentiva stabile: i bulloni erano effettivamente allentati, ma non ha mai visto il colpevole di quel sabotaggio.
Il giorno dopo Rudatis ha parcheggiato il carro con le croci davanti all’agenzia immobiliare gestita dall’uomo, scattando una foto e postandola su Facebook. Fino a qui le presunte minacce.
La diffamazione, invece, sarebbe consistita in un messaggio a sfondo erotico, che riguardava la vita di coppia delle due parti offese. Non erano certo complimenti per l’uomo. Secondo la procura, Rudatis andava condannato, tenendo conto anche della recidiva reiterata specifica: tre mesi erano sufficienti. In realtà, dopo aver ascoltato anche l’arringa di Dolif, Riposati ha assolto, perché il fatto non sussiste.
Gigi Sosso
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