Baby-sitter ricattata: cadono le accuse contro la coppia-vip
BELLUNO. È stata prosciolta per remissione di querela, dopo che i reati di estorsione e violenza privata sono stati derubricati in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, una nota coppia di Milano con casa a Cortina, lei imprenditrice, lui avvocato, esponenti di una famiglia dell’alta borghesia meneghina, finiti sotto inchiesta in seguito alla denuncia di una baby-sitter. Il gup Giorgio Cozzarini ha accolto le argomentazioni difensive, proposte in aula dall’avvocato Anna Casciarri, ed ha prosciolto i due imputati.
La vicenda, che vedeva alla sbarra la coppia, è piuttosto curiosa ed è avvenuta a Cortina, dove l’avvocato e l’imprenditrice hanno la loro casa di montagna. Tutto prende avvio dalla lettura di un sms inviato dalla baby sitter ad un’amica: «Sono in una famiglia di cafoni ». Era più o meno di questo tenore il messaggio inviato un giorno d'agosto di due anni fa. Solo che la baby-sitter s'era scordata di cancellare quell'sms. Peggio, l'aveva dimenticato sul tavolo, in bella mostra nel display, senza nemmeno tornare nella schermata principale del cellulare. E così la proprietaria di casa, discendente di una famiglia dell'alta borghesia meneghina, per caso o di proposito, quel messaggino l'aveva letto. Ed in quel momento iniziarono i guai per tutti. La baby-sitter perse l’impiego, mentre i suoi datori di lavoro finirono sotto inchiesta per estorsione. La procura di Belluno indagò, infatti, i due coniugi milanesi per aver costretto la baby-sitter, sotto un presunto ricatto, a licenziarsi. Fatti che avvennero a Cortina, durante le vacanze estive. Dopo aver letto l'sms, la padrona di casa non fece apparentemente una piega e radunò i figli e la baby-sitter per una gita in una località sopra Cortina. Durante il viaggio, però, secondo la ricostruzione della pubblica accusa, l'imprenditrice milanese iniziò a fare allusioni all'sms coi figli piccoli, davanti alla baby-sitter. «Lo sapete bambini che siamo una famiglia di cafoni?» Alla baby-sitter era bastato poco per capire che la donna aveva letto il suo messaggino. Dopo un po', iniziò una discussione che culminò con un pesante diverbio. La facoltosa milanese costrinse la baby-sitter a scendere dall'auto, non senza averle storto una mano. Sola e sotto choc, la donna chiamò un taxi e si fece accompagnare direttamente dai carabinieri per sporgere denuncia contro la sua datrice di lavoro. I carabinieri avevano tentato una conciliazione. Venne anche chiamato il marito dell'imprenditrice milanese, un noto avvocato, che cercò di dissuadere la baby-sitter dal suo proposito. «Sappiamo che lei qualche volta ha dato degli scapaccioni ai nostri figli. E' meglio che la vicenda finisca qui». Poi, però, fuori dalla caserma, la baby sitter sarebbe stata costretta, sotto ricatto, a firmare le dimissioni. Da qui l'accusa di estorsione nei confronti dei due coniugi milanesi. La donna doveva rispondere anche di violenza privata e lesioni. Ma tutto si è risolto grazie al ritiro della querela. Il punto è che i reati di estorsione e violenza privata erano procedibili d’ufficio, ma il gup ha poi accolto la tesi difensiva dell’avvocato Casciarri che ha sostenuto che i due reati contestati erano piuttosto da derubricare in esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Un reato che è caduto grazie alla remissione della querela.
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