Balbinot non trova alloggi per gli operai. L’Unione montana sprona a dare le case
Sara Bona: «Le aziende hanno necessità di manodopera ma c’è diffidenza ad affittare ai lavoratori stranieri»
Ha trovato tre lavoratori immigrati da assumere, volenterosi, seri, disposti ai turni non facilissimi che impone il settore della panificazione. Lavoratori che hanno un progetto di vita e di famiglia in Alpago. Ma che non trovano casa nella conca.
Quello sollevato dall’imprenditore del pane Gianluigi Balbinot è un nuovo caso emblematico delle difficoltà dei lavoratori a trovare un alloggio che consenta loro di inserirsi stabilmente nel tessuto produttivo, economico e sociale. E l’Unione montana Alpago ha chiamato attorno al tavolo l’altro giorno lui e le realtà del territorio per cercare di trovare rimedio.
«Lo spunto dell’incontro proviene dalla constatazione che molti di questi “lavoratori in cerca di casa” sono anche gli immigrati in fase di uscita dai centri di accoglienza», spiega Sara Bona, assessore ai servizi sociali dell’Unione montana e sindaco di Tambre. «Ma il tema della mancanza di abitazioni, come ben si sa, coinvolge molteplici target di lavoratori: dagli operatori sociosanitari, ai medici, agli autisti, insegnanti e dirigenti scolastici e così via. Nel caso delle persone in uscita dai centri di accoglienza – quello dell’Alpago nel caso specifico – il problema è questo: hanno già in mano un contratto o una proposta di lavoro, in molti casi anche a tempo indeterminato. Tuttavia il percepire uno stipendio le porterà, una volta raggiungi i 6.947,33 euro lordi di guadagno annuale ad uscire forzatamente dal programma di accoglienza, nell’idea – discutibile – che abbiano raggiunto l’indipendenza economica».
«Nel giro di pochi giorni, a volte tre», dice Bona, «queste persone si ritrovano con un contratto a tempo indeterminato in una mano e... le valigie nell’altra. Nel peggiore dei casi, però, rischiano di finire nella strada proprio perché non riescono a trovare un alloggio disponibile: da una parte non si trovano case in affitto, dall’altra permane la diffidenza nell’affittare casa a lavoratori stranieri. E questo nonostante ci sia da parte delle imprese un disperato bisogno di forza lavoro, soprattutto nei settori della produzione alimentare, della gastronomia, della ricettività, dell’industria in generale e dei servizi alle persone. Da parte delle imprese c’è anche la disponibilità di farsi in qualche modo da “garante” presso chi voglia mettere a disposizione un alloggio. Questa situazione sta innescando un fenomeno preoccupante e paradossale: ci sono lavoratori disponibili, datori di lavoro interessati a offrire loro un contratto anche stabile, soprattutto in settori e mansioni dove è praticamente impossibile trovare lavoratori locali, ma rimane il problema di trovare un alloggio. Questa situazione produce delle distorsioni preoccupanti anche dal punto del lavoro e della legalità: i datori di lavoro si trovano costretti a proseguire con contratti precari perché il lavoratore straniero rischia di percepire un reddito tale da lasciarlo letteralmente “per strada”. Ancor peggio potrebbe essere però il ricorso al lavoro nero o a contratti “fintamente brevi” per aggirare questo ostacolo».
La testimonianza dell’imprenditore alpagoto Balbinot all’incontro è stata dunque emblematica. I lavoratori immigrati pronti a inserirsi nella sua attività non trovano alloggio, nonostante gli sforzi dello stesso Balbinot, che ha tentato diversi canali.
A ragionare attorno al problema si sono trovati così i Comuni dell’Alpago, i servizi sociali e la polizia locale dell’Unione, le cooperative Ceis, Integra e Sportello informa immigrati dell’Alpago/Insieme si può, Veneto lavoro, don Christian Mosca per le parrocchie della Conca, oltre allo stesso Balbinot. Ne è emerso, spiega Sara Bona, «la necessità di attivare un’azione di sensibilizzazione verso le realtà del mondo della proprietà edilizia, oltre che del mondo del lavoro per cercare sinergie sul tema abitativo non solo per i lavoratori stranieri ma per tutti quei lavoratori attratti dal territorio ma che si scontrano con la difficoltà di trovare alloggi».
Il tema non è nuovo se si considera che già nel 2000 la Provincia di Belluno aveva dato vita ad un protocollo di intesa tra enti per affrontare il tema dell’inserimento stabile dei lavoratori stranieri anche dal punto di vista abitativo.
Un’esperienza analoga è stata recentemente avviata tra i Comuni della Marca Trevigiana . In Val Belluna è inoltre attivo il progetto Primavera Casa. Segnali di un tema che sollecita azioni concrete e decise a livello non solo locale.
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