Bancarotta Bortoluzzi sas tre anni al commercialista

TAMBRE. Tre anni a Giuseppe Zorzi, sei mesi a Paolo Bortoluzzi e assoluzione per Paola Della Maestra. Si è chiuso ieri, con il giudizio abbreviato davanti al giudice Vincenzo Sgubbi, il primo stralcio del procedimento per la bancarotta fraudolenta dell’impresa Bortoluzzi Francesco sas di Tambre, fallita nel 2011. A febbraio il procuratore Francesco Saverio Pavone aveva chiesto il giudizio per nove persone e tre di loro hanno scelto l’abbreviato davanti al gup, a porte chiuse.
Zorzi, commercialista di Silea classe 1955, ragioniere, è considerato la mente dell’operazione che ha distratto oltre 3 milioni e 120 mila euro in beni immobili dal patrimonio della società che stava fallendo, allo scopo di lasciare a bocca asciutta i creditori. Paolo Bortoluzzi, 54 anni, è uno dei due soci accomandatari (prima dell’operazione Zorzi), mentre Della Maestra, friulana di Spilimbergo è la compagna di Zorzi. Parti civili sono il curatore fallimentare, per il risarcimento del danno provocato al fallimento dopo la distrazione dei beni (fallimento da 12 milioni di euro), assistito dall’avvocato Giuseppe Triolo come l’architetto Lio Parcianello che ha ottenuto il riconoscimento di 200 mila euro di provvisionale per la progettazione del centro residenziale nell’ex albergo Cavallo, e infine l’Edilferro srl che chiede 4.539 euro per forniture mai pagate, somma a risarcimento che il giudice formulerà in separata sede.
Le difficoltà dell’azienda iniziarono ben prima del 2011, nel 2008 secondo il curatore fallimentare, e i soci Dario e Paolo Bortoluzzi si affidarono a Zorzi per evitare di perdere tutto. Il commercialista chiuse la sas e la riaprì con un nuovo socio e un nuovo nome, quello dell’artigiano trevigiano Enrico Marano e una nuova sede presso un bar di Vito d’Asio (Pn), paesino di 840 abitanti con una sorprendente concentrazione di società aperte da Zorzi.
Nel frattempo tutti i beni della vecchia Bortoluzzi sas erano stati ceduti ad amici e parenti, compreso l’ex albergo Cavallo che aveva dato vita alla Monte Cavallo srl, per due milioni di euro in realtà mai pagati se non per un piccolo acconto. Ad essere state distratte ci sono anche la sede di Puos d’Alpago e diversi terreni, ma al processo emergeranno altri elementi raccolti durante l’indagine. Si parla, ad esempio di due bancali di documenti fiscali portati nel trevigiano per essere seppelliti o bruciati.
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