Bancarotta fraudolenta cancellata in tribunale: «Incarico troppo breve»

BELLUNO. Bancarotta fraudolenta? Neanche per idea. Nella vicenda del fallimento Dharma, sono arrivate le motivazioni della sentenza di assoluzione per l’amministratore e legale rappresentante Josef Szabo. Rischiava i tre anni richiesti dal pubblico ministero Marcon, mentre i difensori Gandin e Dalle Mule avevano chiesto l’assoluzione con la formula più ampia, in subordine l’insufficienza di prova e in ulteriore subordine la derubricazione in bancarotta semplice, minimo della pena e attenuanti.
Durante il processo, né il maresciallo della Guardia di finanza né il curatore fallimentare hanno fornito «un puntuale riscontro e una puntuale conferma dell’ipotesi accusatoria». Dharma era una società costituita nel 1988, che operava nel settore dell’intermediazione finanziaria e fino al luglio 2010 è stata amministrata dalla famiglia Brancher-Arrigo. Nel luglio 2010, i soci erano Nadia Brancher e i figli Francesco e Gabriele Arrigo. Il capofamiglia Michele Arrigo era stato amministratore tra il 2004 e il 2005, per poi diventare dipendente e poi consulente. Szabo diventa amministratore il 19 luglio, segue la cessione delle quote sociali alla panamense Bertex Ventures.
Il curatore ha riferito che la Dharma era inattiva, nella sede non c’era alcun documento e non c’è stato alcun contatto con Szabo. La documentazione è stata consegnata da Michele Arrigo al futuro imputato il 23 luglio, a Treviso. I testimoni Arrigo e Brancher sono credibili e nel comportamento dell’imputato non c’è la bancarotta fraudolenta. Quest’ultimo non svolse alcuna attività, anche per la limitata durata del suo mandato. Il fallimento è del 5 febbraio 2011. Assolto. —
Gigi Sosso
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