Bar e ristoranti: «Sono regole inaccettabili fatte da incapaci, non apro»
BELLUNO
«Per il momento non apro, sono delle regole inaccettabili, create da autentici incapaci, spero che Zaia e la Regione intervengano per renderle almeno più gestibili».
È arrabbiatissimo Giovanni Tomasella, gestore del De Gusto Dolomiti, il bar e ristorante di Sagrogna che lunedì non riaprirà le serrande.
«Le regole sul distanziamento, soprattutto quelle legate al bancone, rendono impossibile lavorare. In questo modo non c’è guadagno e aprendo si lavora in perdita, quindi non ha senso accumulare dei debiti. Se il mio locale può girare solo al 30 per 100 delle sue possibilità, è la matematica che certifica la mia decisione. Un secondo ragionamento da fare è questo: se posso aumentare i tavolini, mettendoli magari all’esterno, devo anche assumere un cameriere in più per gestirli e non riuscirei a pagarlo. Ora ho otto dipendenti in cassa integrazione che, anche se la domanda è stata accettata, non hanno ancora ricevuto un euro».
Le porte restano chiuse anche al ristorante Bon Tajer, lo splendido locale a Colderù di Lentiai. Angelo Paganin è molto scoraggiato.
«Sicuramente la prima settimana restiamo fermi, anche perché gli esercizi pubblici non hanno ancora in mano le famose linee guida, nella speranza che poi Zaia possa migliorare delle norme che in questo momento mi sembrano assurde. Addirittura, da quello che ci è dato sapere, servirebbe anche un dipendente fisso ai bagni, per sanificarli ad ogni uso dei clienti. E come lo pago? Le spese fisse restano altissime e con il taglio dei posti c’è la quasi certezza che non convenga proprio aprire. Senza contare la grossa difficoltà nel reperire le mascherine e il gel igenizzante. Al ristorante lavoriamo in sei, cinque della mia famiglia e uno in cassa integrazione, che non ha ancora ricevuto nulla, come nemmeno io ho ricevuto i famosi 600 euro».
Resta probabilmente chiuso anche il ristorante Miniera di Vas. «Noi siamo ancora titubanti, ma di certo il bar non lo apriamo. Vediamo pizzeria e ristorante, ma ne stiamo ancora discutendo».
Molto critica anche Barbara della Pizzeria al Piacere di Lentiai, che la prossima settimana resterà chiusa.
«Ad oggi non hanno emanato nessun protocollo e, conoscendo la velocità con cui Conte si muove, il tutto arriverà all’ultimo momento. Avuto il documento ufficiale dovremo essere noi a studiarlo per adeguarlo al nostro locale, perché ogni tipologia di esercizio pubblico ne avrà una diversa. Con tutta la buona volontà, prima di martedì non saprò bene come muovermi e successivamente dovremmo istruire i dipendenti. Ma il vero problema non è questo: con la riapertura le spese fisse torneranno altissime, sia che io abbia dieci clienti nel locale, oppure che ne abbia cento, perché l’Enel ad esempio non guarda mica quanti clienti hai. E dovrei anche interrompere la cassa integrazione dei dipendenti, ma onestamente non mi conviene, perché non sarei mai in grado di pagarli, con un locale che potrebbe fare cento e incassa venti. E oltre a questo, alcune norme sono impossibili. Io ho già fatto la sanificazione, che mi è costata tantissimo e non so nemmeno se è obbligatoria. Se a questi aggiungi i pannelli in plexiglass, che forse ci permetterebbero di tenere i tavolini più vicini. Nessuno dei gestori sa nulla di preciso. Economicamente non mi conviene aprire e se anche dovessi riuscirci, dei miei dieci dipendenti almeno la metà dovrei lasciarli a casa. Si dovrà iniziare a lavorare a tre turni, sperando che la gente capisca le nostre difficoltà». —
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