«Basta adempimenti e nuove imposte»
Confartigianato guarda con preoccupazione alla manovra di bilancio, chiede correttivi e chiama in causa il Prefetto
BELLUNO. Adempimenti fiscali che aumentano di continuo. Una pressione fiscale che sfiora il 60 per cento. Un atteggiamento, ormai diffuso, che considera i piccoli imprenditori evasori a priori. Stanche di vivere una situazione che si complica giorno dopo giorno, le imprese artigiane alzano la voce. Alla vigilia della discussione in Parlamento della legge di bilancio 2018, Confartigianato scende in campo per ricordare allo Stato che «nessuno vuole sottrarsi agli adempimenti fiscali, ma dovrebbero essere parametrati sulle caratteristiche delle imprese», per dirla con le parole della presidente dell’associazione di categoria bellunese, Claudia Scarzanella. «Fisco e burocrazia non ammettono differenze e questo ci penalizza».
Un esempio? La comunicazione trimestrale dell’Iva e dello spesometro, cioè di tutte le fatture emesse e ricevute. Un adempimento che ha complicato la vita a tutti. «Si ha la sensazione che noi dobbiamo fidarci ad occhi chiusi dello Stato, mentre lo Stato non si fida affatto di noi», continua la Scarzanella. «Le aziende sono il cuore pulsante del Paese, fare un continuo processo alle intenzioni porta verso una pericolosa deriva».
La protesta delle aziende artigiane si è concretizzata ieri mattina: la presidente Scarzanella è stata ricevuta dal Prefetto Esposito, al quale ha consegnato un dossier che fotografa la situazione e che contiene le richieste delle aziende. Insieme al plico c’era una camicia di forza, simbolo di come si sentano oggi i piccoli imprenditori. La protesta ha coinvolto tutte le Confartigianato venete.
Entrando nel dettaglio, gli artigiani chiedono l’esclusione delle sanzioni per gli invii Iva e spesometro fatti nel 2017: «Può esserci l’errore materiale», sintetizza Sirio Dal Farra, del servizio fiscale di Confartigianato. Ma anche l’esclusione dell’accertamento fiscale basato sugli Isa. È lo strumento (l’acronimo sta per Indicatori sintetici di affidabilità fiscale) che ha sostituito gli studi di settore. «Ma non abbiamo ancora gli indicatori, non sappiamo come sono stati elaborati. Non è possibile fare una programmazione, eppure vanno applicati dal 2017».
Anche la ritenuta d’acconto sui lavori per le ristrutturazioni ha generato un profondo malessere: «Quando le imprese emettono fattura, le banche trattengono l’8% (prima era il 4%)», continua Dal Farra. «Ma questa operazione ha aumentato i crediti delle aziende: per recuperarli, infatti, se superano i 5000 euro vanno certificati da un professionista. E bisogna aspettare la dichiarazione dei redditi dell’anno successivo».
Confartigianato chiede poi l’innalzamento della franchigia di esenzione dall’Irap a 20 mila euro, l’esclusione dall’anticipo delle tasse per chi inizia la propria attività, la possibilità di dedurre il 100% dell’Imu pagata per un immobile strumentale all’attività lavorativa (oggi si può detrarre solo il 20%). «Ci si chiede di avere il Pos per il pagamento dei lavori fatti, ma i costi per il noleggio e le commissioni?», aggiunge Dal Farra. «Se si mette un obbligo del genere, non ci dovrebbe essere alcun onere a carico delle imprese. Altrimenti viene il dubbio che lo Stato voglia finanziare le banche».
«Da più parti abbiamo sentito sbandierare la parola “semplificazione”. Ci sentiamo presi in giro», conclude la Scarzanella. «Vediamo uno Stato pronto solo a fare cassa, che non si fida di noi. Uno Stato serio va a colpire i delinquenti, non carica di oneri tutte le imprese se vuole veramente recuperare l’evasione».
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