«Basta incolpare gli altri»
Menardi, guida alpina: «Si faccia ciò che si sa fare». «La ferrata Dibona è definita facile dagli esperti, ma diventa difficile per chi non lo è. Se ci siamo seguiamo chi è in difficoltà»
CORTINA
. «Non si può sempre dare la colpa a questo o quello. E’ arrivato il momento che chi fa un’escursione si assuma le proprie responsabilità, anche se succede qualcosa di grave. Ognuno deve sapere dove va e avere coscienza delle proprie capacità. Il sentiero Dibona non è difficile per chi è esperto, ma lo diventa per chi non lo è. Questa è la verità». Così le guide alpine, dopo la morte della turista slovena sul Cristallo. Andrea Menardi, guida alpina cortinese da 47 anni, non ci sta a sentire affibbiare l’appellativo di «killer» alla montagna e a sentir dare la colpa dell’incidente avvenuto l’altro ieri, magari a qualche distrazione delle guide alpine che la comitiva di sloveni, di cui la vittima faceva parte, avevano assoldato per l’occasione. Una disgrazia che, forse, poteva essere evitata se la donna si fosse assicurata col cordino.
«Definire un percorso facile o difficile è soggettivo», continua Menardi. «Può essere facile per me che sono esperto e che magari posso farlo anche correndo, ma diventa difficile per chi non l’ha mai fatto o non è allenato». Per Menardi, però, non è tanto questione di attrezzatura. «Perchè posso avere tutto quello che mi serve, ma se non lo uso nel modo adeguato oppure non riconosco i miei limiti, anche l’attrezzatura non serve poi a molto». E’, quindi, una questione di mentalità e di cultura. «Bisogna togliersi dalla mente che tutto è fattibile, in montagna. In montagna, come in altre parti, non è così. Certo può sempre capitare l’imprevisto: il sasso che cade in testa, che si stacca per il vento. Ma l’incognita c’è in ogni momento, anche quando si cammina per strada, sul marciapiedi. Sicuramente però andare per ferrate non è come camminare sul cemento, e quindi bisogna stare molto attenti. Se uno non riesce a stare in piedi, deve legarsi».
Per Menardi l’attrezzatura ideale resta il caschetto, calzature e abbigliamento adeguato «visto che il clima cambia rapidamente. Portarsi poi il kit per le ferrate con due cordini, muniti di due moschettoni per attaccarsi. Il sentiero Dibona per il 10% è ferrata, il resto è sentiero normale. Quello che le persone devono capire è che si deve andare in giro sapendo dove si va e quello che si fa».
Menardi precisa anche quale è il ruolo delle guide alpine in montagna, quando vengono assoldate dai gruppi turistici che vogliono sentirsi sicuri. «Spesso la guida serve per dare consigli, indicare il percorso e per aiutare solo chi è in difficoltà. Non è che una guida può legarsi in cordata tutte le persone di una comitiva».
Dello stesso avviso anche Stefano Piccoliori, vicepresidente delle guide alpine cortinesi e guida da 10 anni. «La ferrata Dibona è facile, anche se può essere segnalata come difficile, visto il tempo di percorrenza molto lungo, dalle 5 alle 6 ore che possono diventare anche otto se non si è pratici», dice. «Si tratta per lo più di un sentiero in discesa, e forse per questo dà l’impressione di essere facile. Ma anche la discesa può essere una tortura per chi non è esperto», precisa Piccoliori che ribadisce come l’attrezzatura di base per ogni ferrata debba essere composta comunque «oltre dal caschetto, anche dall’imbragatura con doppio cordino e due moschettoni, boraccia d’acqua e un po’ di cibo, perchè nel tragitto non ci sono posti per rinfocillarsi. E soprattutto bisogna capire se il percorso è adatto alle proprie capacità e preparazione». Percorso che solo in alcuni tratti presenta i cavi per assicurarsi e «in questo caso è meglio attaccarsi. Può trarre in inganno il fatto che in alcune guide è indicato come interamente attrezzato».
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